“Ho diritto a non soffrire”: SUICIDIO ASSISTITO IN ITALIA, sì al provvedimento urgente I Rifiuto Asl? Ora puoi rivolgerti ai giudici

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“Ho diritto a non soffrire”: una svolta fondamentale e, per molti, un punto chiave per quella ‘rivoluzione’ anche culturale, oltre che legale ed etica. Suicidio assistito in Italia, è possibile ricorrere ai giudici, se ti dicono di no.
Non lo sanno in molti e, a dire il vero, in molti proveranno anche un certo senso di impotenza e di frustrazione, rispetto a una tematica così dolorosa e difficile da affrontare.
Il diritto a non soffrire è o non è garantito, nel nostro Paese? È, in qualche modo, questa la sintesi di un dibattito su di un tema delicatissimo, come appare evidente.
E di recente, il tema è tornato molto di attualità dopo la diffusione della notizia di un caso di una donna malata di SLA, che ha avuto la forza di ricorrere ai giudici, per ottenere la sua ‘giustizia’.
Ovvero, per avere l’ok al suicidio assistito in Italia. Ed è successo: le è stato concesso di ricorrere ai giudici, è arrivato il sì al provvedimento urgente dopo il rifiuto Asl.
SLA, malattia, cura e diritti dei pazienti
La SLA, o sclerosi laterale amiotrofica, è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce le cellule nervose che controllano i movimenti muscolari volontari. Con il passare del tempo, questi neuroni si deteriorano, portando a una progressiva paralisi muscolare, pur lasciando inalterate le capacità intellettive del paziente. Questo significa che chi ne è affetto resta lucido, ma prigioniero di un corpo che non risponde più.
La SLA è una malattia rara, ma aggressiva. In Italia si stimano circa 6.000 persone affette dalla patologia. Nonostante anni di ricerche, non esiste ancora una cura definitiva. I trattamenti attualmente disponibili servono solo ad alleviare i sintomi, rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita. Alcuni farmaci possono prolungare la sopravvivenza di alcuni mesi, ma non fermano il decorso.

L’esempio della 44enne italiana e il diritto a ‘non soffrire’
Uno degli aspetti più duri della SLA è che, in molti casi, la malattia progredisce rapidamente, costringendo i pazienti all’utilizzo di macchinari per sopravvivere. La ricerca scientifica continua senza sosta e inoltre, numerose associazioni e fondazioni offrono supporto pratico e psicologico ai malati e alle loro famiglie, che affrontano una battaglia quotidiana contro una patologia devastante.
Ma il passo successivo, di fronte a chi soffre di questa o di altre patologie rare, invasive e incurabili è: esiste il diritto al cosiddetto suicidio assistito? Ovviamente, è un tema spaccante, che divide e fa discutere. Specie poi dopo il cado della donna, una campana di 44 anni, che ha ribadito di credere fermamente di avere il “diritto di non essere condannata a soffrire“. La 44enne, dopo avere ricevuto dalla propria azienda sanitaria il no al suicidio mediamente assistito non si è arresa e ha deciso di rivolgersi ai giudici. A comunicarlo è stata l’associazione Luca Coscioni, e si tratterebbe della “terza richiesta in regione”.