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Il DiaSmoke Free Working Group ha inviato una lettera all’American Diabetes Association (ADA) esprimendo preoccupazione e chiedendo la correzione di una dichiarazione contenuta nelle linee guida ADA riguardante l’uso delle sigarette elettroniche tra le persone con diabete.
“… Alla luce delle recenti prove dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie di decessi legati all’uso di sigarette elettroniche, a nessun individuo dovrebbe essere consigliato l’uso delle sigarette elettroniche, né come modo per smettere di fumare tabacco né come droga ricreativa”.

Questa affermazione, secondo il Diasmoke Free Working Group, è ritenuta errata e incoerente con le prove presentate dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, nonché da molte altre fonti attendibili.
Nella loro lettera, il pool di scienziati ha esortato l’ADA a riconsiderare la dichiarazione, proponendo una correzione da “nessun individuo dovrebbe essere consigliato di usare le sigarette elettroniche, né come un modo per smettere di fumare tabacco o come droga ricreativa” a “attualmente non ci sono prove sufficienti per raccomandare l’uso delle sigarette elettroniche come sostituti delle sigarette di tabacco tra le persone con diabete che fumano, e sono necessarie ulteriori ricerche”.

“La revisione di questa affermazione è fondamentale per riflettere accuratamente l’insieme delle prove esistenti riguardanti l’uso della sigaretta elettronica tra gli individui con e senza diabete”, ha sottolineato il Professore Davide Campagna del CoEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del aanno da fumo dell’Università di Catania.
Alle persone con diabete che fumano dovrebbe essere offerta consulenza per smettere di fumare e un trattamento per la dipendenza.
Tuttavia, è stato dimostrato scarso successo con gli interventi standard di cessazione nei fumatori con diabete e per questo motivo per i pazienti diabetici che hanno difficoltà a smettere, l’alternativa è ridurre gli effetti negativi passando a tecnologie senza combustione.
Secondo il gruppo di lavoro DiaSmokeFree, un approccio basato sull’evidenza è fondamentale per fornire raccomandazioni accurate per le persone che gestiscono il diabete e l’abitudine al fumo.
da Coehar

Importante restrizione all'orizzonte dei tabagisti statunitensi.
La Food and Drug Administration statunitense, infatti, si starebbe concretamente attivando per vietare il mentolo nelle sigarette e nei sigari aromatizzati.
L'Agenzia in questione, in particolare, ha inviato una secca proposta normativa di ban totale relativamente alla commercializzazione ponendo la stessa all'attenzione dell'Ufficio di Gestione e Bilancio della Casa Bianca, Organo cui spetta la parola ultima.
Molto variopinte le posizioni che si colgono nell'associazionismo Usa rispetto alla questione mentolo e sigarette.

Si va dal proibizionismo espresso dalla "Campaign for Tobacco-Free Kids" - con annesso sollecito all'indirizzo degli Organi preposti "ad agire rapidamente e ad accelerare la revisione in modo che i regolamenti finali possano essere emanati entro la fine dell'anno" - a posizioni più scettiche.
E' il caso, con riguardo a quest'ultima fattispecie, della "National Association of Tobacco Outlets", associazione nazionale del commercio al dettaglio che rappresenta più di 66.000 negozi che vendono prodotti del tabacco.
Dal sodalizio, in particolare, non si ritiene "che il divieto delle sigarette al mentolo e dei sigari aromatizzati costringerà improvvisamente molti fumatori a smettere".
Piuttosto, si sostiene, "stimolerà l’attività criminale" aggiungendosi come "la fornitura di questi prodotti si sposterà da rivenditori responsabili, autorizzati e regolamentati al mercato illecito già esistente".

Aamra Ahmad, consulente legislativo senior dell’American Civil Liberties Union, proseguendo nell'analisi delle varie posizioni, ha posto l'accento sugli effetti che tale divieto avrà sulle popolazioni afroamericane, notoriamente profonde consumatrici delle sigarette alla menta.
Ahmad ha aperto il dibattito anche un interessante ragionamento sul risvolto dato dall'impatto che questo nuovo divieto potrà avere dal punto di vista "sociale"
“In questo momento cruciale - ha osservato in merito - mentre il pubblico chiede la fine della violenza della polizia dai reati minori, chiediamo all’Amministrazione Biden di riconsiderare il suo approccio e di impiegare strategie di riduzione del danno rispetto a un divieto che porterà alla criminalizzazione.
Ci avviciniamo al primo anniversario dell’omicidio di George Floyd – a pochi anni di distanza dalla morte di Eric Garner, un uomo di colore ucciso dalla polizia di New York per aver venduto sigarette sfuse e non tassate – l’impatto razzialmente disparato del sistema legale penale è aumentato catturato l'attenzione della nazione.
Ora è chiaro che le politiche che equivalgono al proibizionismo hanno gravi implicazioni sulla giustizia razziale”.

Per ogni prodotto da svapo che non verrebbe venduto si avrebbero tredici sigarette fumate in più.
E’ questa la conclusione cui è approdato un approfondimento pre-pubblicato sul Social Science Research Network.
L’analisi ha voluto mettere in guardia rispetto a scelte – quelle, nello specifico, relative a divieti sugli aromi – che potrebbero ricadere pesantemente in termini di tabagismo e di numero dei fumatori.
Dai risultati emerge come “quando viene implementata una politica di divieto degli aromi per i prodotti da svapare, le vendite di questi prodotti diminuiscono mentre aumentano le vendite di sigarette combustibili”.
Ed ancora “L’aumento delle vendite di sigarette di tabacco cresce nel tempo.
Questo valore era più elevato negli Stati che avevano vietato i sapori per più di un anno rispetto a quelli in cui il divieto era più recente”.

IL CASO USA

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“Questo risultato – spiegano gli analisti – indica che la risposta sostitutiva osservata alle politiche relative al divieto degli aromi nello svapo non può essere attribuita alla disponibilità di sigarette al mentolo né essere interamente contrastata dai divieti di vendita di siffatte tipologie.
Non ci sono marche di “bionde” preferite quando le vendite di tabacco aumentano.
Sia che una politica di divieto degli aromi miri solo ad alcuni di essi miratamente, sia che i prodotti aromatizzati siano consentiti solo presso determinati rivenditori, in entrambi i casi il risultato rimarrebbe lo stesso: una diminuzione delle vendite di e-cig e un aumento delle vendite di tabacco”.

La questione del ban sugli aromi dei prodotti dello svapo ha una ricaduta estremamente attuale negli Stati Uniti: sono 375 le località ed otto gli Stati che hanno vietato la vendita di e-liquid, pod o puff contenenti fragranze diverse dal tabacco.
Uno stato di cose che, al di la degli aumentati consumi delle classiche sigarette, non ha mancato anche di far crescere il mercato nero degli stessi prodotti dello svapo.

Un Paese devastato da sbalzi sociali interni e da mille contraddizioni, con un Sistema sanitario che non riesce a rispondere alle esigenze di tutti e non riesce a farlo neppure bene.
Un Paese che è squassato da numeri del tabagismo ciclopici ma che, invece, pensa a vietare la sigaretta elettronica (perciò venendo osannato dall’Oms).
Il caso India, per dirla breve, a finire nuovamente sotto la lente di ingrandimento della World Vapers’Alliance.

“Ciò che sta accadendo in India è uno sfortunato ma valido esempio del fatto che se i vapers non alzano la voce contro le dannose restrizioni allo svapo ora, il Governo potrebbe vietare completamente la scelta degli adulti di passare ad alternative meno dannose alla nicotina”.
Così Liza Katsiashvili, Community Manager del sodalizio.
Purtroppo – prosegue - più pesanti sono le restrizioni, più diventa difficile sperare in un approccio inverso con la strategia progressiva per smettere di fumare in atto”.

A farle eco, su scala locale, Samrat Chowdhery, Direttore dell'Association of Vapers India
“L’India – precisa - sembra essere coinvolta nella corsa per rafforzare le misure di controllo del tabacco in vista della COP10 di Novembre.
Questo improvviso divieto di possesso di vapers è particolarmente draconiano in quanto tenta di invertire le assicurazioni del Governo che non criminalizzerà i cittadini che svapano ed erode ulteriormente il diritto di 120 milioni di fumatori indiani di fare scelte più sicure.
Secondo la precedente ammissione del Governo, tale misura non è attuabile in un Paese vasto e popoloso come l'India.
Dalle notizie, capiamo che si tratta di un'"opinione" espressa da un burocrate di medio livello del Ministero della Sanità, il quale sostiene che se è vietata la vendita, l'importazione, l'esportazione, ecc. di vaporizzatori ciò implica che anche il loro possesso sia vietato.
Stiamo consultando esperti legali per verificare se un burocrate possa reinterpretare la politica del Governo, soprattutto in modo da criminalizzare milioni di indiani che cercano di gestire il rischio passando dal fumo allo svapo.
Se necessario, sosterremo un ricorso legale a questa nuova interpretazione in quanto può portare a un aumento delle molestie nei confronti dei vapers da parte della polizia, semplicemente per aver cercato – la conclusione - di evitare i danni del fumo”.
Confusione, come cantava il caro Lucio.

Atene per qualche giorno capitale della sigaretta elettronica.
La capitale ellenica, infatti, ha ospitato la sesta edizione del summit “Riduzione del danno da tabacco: nuovi prodotti, ricerca e policy”, tavola rotonda promossa da Scohre, associazione scientifica internazionale che ha chiamato a raccolta oltre 250 esperti del settore provenienti da tutto il mondo.
“Viviamo molto più a lungo che in passato.
Come siamo arrivati a questo punto?
Grazie alla scienza, alla ricerca, al sapere umanistico e allo sviluppo tecnologico”.
Così David T. Sweanor J.D., Presidente del Comitato consultivo del Centro per il diritto, la politica e l’etica sanitaria dell’Università di Ottawa nel personale intervento.
Abbiamo ridotto i rischi in ogni area delle nostre vite – ha proseguito - e dovremmo saper fare lo stesso anche con il fumo. Con la conoscenza che abbiamo possiamo apportare enormi cambiamenti alla storia della sanità pubblica” e ridurre il danno da fumo “con prodotti meno pericolosi”.
La gente – ha spiegato ancora il medesimo – compra sigarette ogni giorno e ogni giorno abbiamo la possibilità di intervenire offrendo un prodotto meno pericoloso, che non danneggi le persone intorno a noi e che crei meno dipendenza; e possiamo fare in modo che sia disponibile con informazioni più accurate sul rischio relativo”.

A fargli eco Andrzej Fal, Presidente della Società di Sanità pubblica polacca, Direttore del Dipartimento di Allergie, Malattie polmonari e Medicina interna dell’ospedale clinico centrale del Ministero dell’Interno e Direttore dell’Istituto di Scienze mediche presso l’Università Cardinale Wyszyński di Varsavia.
Circa 250 milioni di persone – ha evidenziato Fal - stanno cercando di smettere di fumare sigarette.
Sostenerle dovrebbe essere la principale preoccupazione della Cop10 ma temo che non sia così. Per fermare la pandemia del fumo e i suoi effetti finanziari e sulla salute, dobbiamo aumentare i fondi per la prevenzione primaria e introdurre una normativa ‘meno danni, meno tasse’”.

Non è quindi mancato l’intervento del padrone di casa, Konstantinos Farsalinos, Professore aggiunto presso la King Abdulaziz University in Arabia Saudita e ricercatore senior all’Università di Patrasso.
“Oggi la Svezia – così l’esperto greco, tra i principali rappresentanti su scala internazionale - è l’unico Paese al mondo senza fumo nonostante il tasso di consumo di nicotina sia simile alla media europea (circa il 24%).
Tuttavia in Svezia la stragrande maggioranza del consumo di nicotina proviene dal tabacco ‘snus’ (tabacco umido in polvere per uso orale, ndr), mentre in Europa proviene dalle sigarette.

E cosa ha fatto l’Unione Europea? Ha vietato il tabacco da ‘snus’.
È incredibile – ha tuonato concludendo Farsalinos - è uno scandalo per la salute pubblica”.

Il Governo portoghese sposa la linea dura anti-svapo.
Dalle parti di Lisbona, infatti, è in forno un progetto di legge che, nell’andare a recepire la normativa europea sul tabacco riscaldato (ovvero quella relativa al divieto di vendita degli stick aromatizzati) fa molto di più.
Andando addirittura oltre le previsioni dell’Unione europea.
Al varo, infatti, il divieto di vendita on line di prodotti dello svapo in uno a limitazioni che dovrebbero anche andare a riguardare l’uso della sigaretta elettronica negli spazi “open air”.

“Queste misure rappresentano un passo indietro nell’adozione di un approccio aperto e basato sull’evidenza ai prodotti alternativi alla nicotina e scoraggeranno i fumatori dal passare a questa alternativa più sicura spingendo molti vapers a tornare a fumare”.
Così fanno presente dalla World Vapers’ Alliance per bocca di Alberto Gómez Hernández, Community Manager del sodalizio internazionale.

“Invece di rendere più difficile per i fumatori l’accesso a prodotti più sicuri a base di nicotina – prosegue ancora il medesimo - il Portogallo dovrebbe seguire l’esempio dei Paesi che stanno riducendo con successo i tassi di fumo incoraggiando i fumatori a cambiare, come il Regno Unito e la Svezia.
Vietare la vendita online di prodotti da svapo lascia il fumo come unica opzione per coloro che non hanno punti vendita alternativi di prodotti a base di nicotina nelle vicinanze."
“Il Governo portoghese – insiste lo stesso - dovrebbe piuttosto concentrarsi sulla prevenzione dell’accesso ai prodotti da parte dei minori, mantenendoli però disponibili per i fumatori adulti.
Misure come la verifica dell’età nelle consegne possono impedire le vendite ai minori mantenendo i prodotti disponibili agli adulti.
Lo svapo è diverso dal fumo e non dovrebbe essere trattato allo stesso modo.
Ciò non farà altro che alimentare l’idea sbagliata secondo la quale le sigarette elettroniche sono dannose quanto le sigarette a combustione e renderà più difficile per più persone il passaggio.
Inoltre, confinare insieme vapers e fumatori porterà spesso i vapers ad essere tentati di tornare a fumare”.
In appendice è venuto invito al Governo portoghese “a seguire un approccio basato sull'evidenza nei confronti dello svapo e a consentirlo nelle aree dove è vietato fumare per incentivare i fumatori a cambiare”.

La Corte Suprema di Giustizia di Panama ha giudicato incostituzionale i contenuti della legge 315 del 2022 con la quale il legislatore aveva vietato l’uso, l’importazione e la commercializzazione di sigarette elettroniche e di prodotti a base di tabacco riscaldato all'interno dello Stato centramericano.
La causa è stata intentata dall'Associazione panamense per la riduzione del danno da tabacco intravedendosi nella legge 315 una violazione del diritto alla salute dei fumatori nel Paese.
Già a marzo l’ARDTP aveva presentato una proposta normativa alternativa tesa consentire l’uso di proposte a base di nicotina più sicure a pro degli oltre 170.000 fumatori panamensi.
La causa è ora nelle mani della Corte Suprema di Giustizia che dovrà verificare se la stessa vada a violare "gli articoli 109 e 110 della Costituzione di Panama, non garantendo efficacemente la preservazione e la tutela della salute della popolazione panamense, vietando soluzioni che sono dimostrabilmente meno dannose per i fumatori adulti e per le persone che li circondano”.

Alberto Gómez Hernández, Community Manager per Spagna e America Latina della World Vapers' Alliance, ha in merito osservato
Ci auguriamo che la Corte Suprema di Panama esamini le prove scientifiche sullo svapo, ascolti gli utenti e dichiari incostituzionale la legge 315 del 2022.
La Giustizia deve tutelare il diritto alla salute dei fumatori e dei vapers.
Lo svapo è il metodo più efficace per smettere di fumare ed il suo divieto ha condannato i vapers al mercato nero e tutti i fumatori a continuare a fumare.
Il divieto chiaramente non funziona.
La Corte Suprema deve ribaltare la questione e il governo deve adottare un approccio aperto verso i prodotti alternativi alla nicotina, come hanno fatto con grande successo il Regno Unito e la Svezia"

Sul punto anche Tomás Sánchez, Presidente dell'Associazione panamense per la riduzione del danno da tabacco
"Il divieto - ha specificato - viola il nostro diritto alla salute e ci costringe ad acquistare i prodotti sul mercato nero, dove non superano i controlli di sicurezza e qualità e i venditori non sono responsabili per prodotti pericolosi o difettosi.
Inoltre, il mercato nero non limita la vendita dei prodotti ai minori.
Il divieto non solo è incostituzionale, ma danneggia anche la salute pubblica del Paese.
La decisione deve essere ribaltata dalla Corte Suprema di Giustizia e il governo panamense deve approvare una regolamentazione basata sul rischio dei prodotti alternativi alla nicotina"
.
Quasi mille persone ogni anno muoiono a Panama per patologie fumo correlate

La World Vapers' Alliance invita l'Amministrazione Biden a sposare le linee abbracciate da Paesi come il Regno Unito e la Svezia nel dare priorità alla riduzione dei danni del tabacco.
E' questo il senso di una nota stampa divulgata dal gruppo guidato da Michael Landl in quasi coincidenza dell'annuncio del numero uno della Casa Bianca rispetto al prossimo avvio di un programma che punta a dimezzare il tasso di mortalità per cancro, in Usa, nell'arco dei venticinque anni.

"L'iniziativa contro il cancro del Presidente - fa presente Landl - mira a ridurre i tassi di fumo, ma la WVA sostiene che potrebbe essere molto più efficace abbracciando alternative meno dannose al fumo, come lo svapo.
Se il Presidente Biden è seriamente intenzionato a sconfiggere il cancro - prosegue il giovane attivista - allora abbracciare la riduzione dei danni del tabacco non è solo un'opzione, è una necessità.
La Svezia e il Regno Unito sono esempi guida che hanno dimostrato l'efficacia della sigaretta elettronica e di altri prodotti a rischio ridotto nell'abbattere i tassi di fumo.
Invece di combattere queste alternative meno dannose, l'Amministrazione Biden dovrebbe abbracciarle quale aiuto per smettere di fumare".

L'Amministrazione Usa, quanto ad essa, punta ad investire un qualcosa come 15 milioni di dollari in tali ambizioni discorsi di smoking cessation.
"Per ottenere i risultati desiderati nel ridurre le morti legate al cancro - insiste Landl - è fondamentale che gli Stati Uniti promuovano una strategia globale di riduzione del danno che riconosca il potenziale dello svapo nel salvare vite umane. Molti fumatori non riescono a smettere, quindi per sconfiggere il cancro dobbiamo incoraggiare l’uso di alternative meno dannose”.
"I divieti sugli aromi, l'elevata tassazione sui prodotti più sicuri alla nicotina e il processo di approvazione eccessivamente burocratico della Fda - conclude il Presidente della World Vapers' Alliance - sono scelte che sono fortemente penalizzanti".

Il presidio di controllo doganale nel porto di Livorno conferma la sua efficacia.
A breve distanza dai precedenti sequestri operati in questi ultimi due mesi, un altro significativo risultato nella lotta al traffico di stupefacenti è stato realizzato dai funzionari del locale Reparto Antifrode dell’Ufficio delle Dogane di Livorno e dai finanzieri di Livorno: sono stati sequestrati 48,5 chilogrammi di cocaina pura suddivisa in decine di panetti.
Il sequestro è il frutto del dispositivo di controllo realizzato da GdF e da ADM all’esito di un’attenta analisi dei rischi dei contenitori presenti nel Terminal - per individuare una possibile spedizione, che potesse essere utilizzata per occultare una partita di sostanze stupefacenti.
L’esperienza, le risorse messe in campo dai funzionari ADM e dai militari delle Fiamme Gialle del Gruppo di Livorno, nonché la fattiva collaborazione del Terminal hanno consentito - dopo un meticoloso lavoro di incrocio dati - di individuare il contenitore proveniente dal Sud America, al cui interno erano stati occultati i panetti di cocaina.
Anche in questo caso, per cercare di ingannare le attività ispettive, i panetti erano nascosti nella struttura del contenitore che trasportava un carico alimentare, ma gli strumenti in dotazione all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e le unità cinofile della Guardia di Finanza ne hanno permesso il ritrovamento.
L’importante risultato conferma la sinergia operativa rafforzata dall’esecuzione del Protocollo d’intesa relativo ai rapporti di collaborazione tra l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la Guardia di Finanza.
Lo stupefacente, dopo essere stato campionato e analizzato dal locale Laboratorio chimico ADM, verrà distrutto presso l’inceneritore e così strappato alle piazze di spaccio, ove avrebbe fruttato alla criminalità organizzata oltre 34 milioni di euro. Le attività sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Livorno che ha convalidato il sequestro.

Diminuisce il costo delle alternative, aumenta quello delle sigarette.
La “ricetta” svedese in fatto di politiche antifumo è un trionfo di buonsenso e di razionalità.
Nella giornata di ieri, in particolare, il Governo di Stoccolma ha reso noto che le tasse sullo snus saranno ridotte nella misura del 20 percentuale mentre quelle gravanti sulle classiche sigarette saranno aumentate del 9.
Incentivare da una parte, disincentivare dall’altra.
Come detto, tutto a rigor di logica quanto meno in un contesto statale che in modo convinto spinge soluzioni a minor danno per aiutare i fumatori a sottrarsi alla odiosa dipendenza dal fumo.
Ed i risultati non sono tardati ad arrivare.
Grazie alla impostazione pro-snus, infatti, la Svezia è a un passo dal divenire il primo Paese nel vecchio Continente ad aver raggiunto il traguardo di realtà smoking free.

Allo stesso tempo, la Svezia è la realtà che presenta la più bassa incidenza di tumori a carico dell’apparato polmonare.
Strada vincente non si cambia, quindi.
Ed ecco, di conseguenza, che gli svedesi hanno voluto rafforzare questa impostazione intervenendo, in duplice direzione, sulla fiscalità.

“L’imposta sullo snus è attualmente significativamente inferiore rispetto all’imposta sulle sigarette e sul tabacco da fumo – è stato fatto presente in un comunicato stampa del Riksdagshuset - perché si ritiene che le sigarette e il tabacco da fumo rappresentino un rischio maggiore per la salute.
Questa differenza dovrebbe essere meglio rispecchiata e ci sono quindi ragioni per ridurre ulteriormente la tassa”.
Quanto allo snus, cavallo di battaglia delle politiche di riduzione del danno nazionali, il prodotto in questione è legalizzato nella sua vendita unicamente in Svezia sebbene esso, di fatto, circoli in un po' tutta la Scandinavia.
Cosa diversa dai cosiddetti sacchetti di nicotina, al secolo nicotine pouches, che, a differenza dello snus, come noto, sono sacchetti di nicotina che vengono collocate dal consumatore tra il labbro superiore e la gengiva del consumatore rilasciando, appunto, la sostanza – ve ne sono disponibili in varie gradazioni; La differenza principale rispetto al cugino vichingo vive nel fatto che nei sacchetti italiani non è presente il tabacco con la nicotina che, quindi, viene aggiunta in modo sintetico.