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La World Vapers' Alliance (WVA) esprime “profonda preoccupazione” per la raccomandazione della Commissione europea di estendere anche alla sigaretta elettronica i divieti che sono in essere, nei vari contesti nazionali, rispetto ai luoghi smoking free.
“Un dato che – spiega Michael Landl, Direttore della World Vapers' Alliance - equivarrebbe di fatto a equiparare lo svapo al fumo”.
L’indirizzo che viene dall’Europa e, nello specifico, dallo strumento della raccomandazione, che ha valore indicativo e non vincolante, dice, quindi, di vietare l’uso della e-cig in tutti quei luoghi pubblici, all’aperto e al chiuso, dove le norme statali già fanno divieto di usare le “bionde”.
"La Commissione – spiega Landl - sta commettendo un errore disastroso accomunando lo svapo al fumo.
Ciò manda un messaggio pericoloso a milioni di fumatori che hanno bisogno di svapare per smettere.
Ciò equipara falsamente lo svapo al fumo, inducendo milioni di persone a credere che lo svapo sia altrettanto dannoso quando in realtà è il 95% meno dannoso.
Non esiste praticamente alcun rischio legato al cosiddetto passivo che, in ogni caso, sarebbe molto meno dannoso del fumo.
A causa di queste raccomandazioni sempre più persone continueranno a fumare e metteranno a rischio la salute pubblica equiparando lo svapo al fumo.
Le raccomandazioni – ha concluso Landl – non tengono conto delle prove che dicono il vapore passivo comporti rischi per la salute trascurabili rispetto al fumo passivo.
Vietando lo svapo nelle aree libere dal fumo, l'Unione europea rischia anche di spingere i vapers a tornare a fumare, compromettendo anni di progressi nella riduzione dei tassi di fumo".
Sul punto anche Alberto Gómez Hernández, Policy Manager presso il sodalizio internazionale
"La Commissione sta fuorviando i fumatori affermando che svapare e fumare sono la stessa cosa.
Questo palese disprezzo per la scienza e la scelta dei consumatori ignora i fatti.
Consentire lo svapo nelle aree libere dal fumo potrebbe spingere più fumatori a cambiare, riducendo i decessi per fumo in tutta Europa.
Invece, stanno bloccando uno strumento comprovato di riduzione del danno e mettendo a rischio delle vite".

Dalla World Vapers' Alliance l’esortazione ai decisori politici della Commissione europea a “riconsiderare la loro posizione e ad adottare un approccio che rifletta le prove scientifiche e dia priorità alla riduzione del danno”.

Giova ripeterlo.
Smettere di fumare non solo previene problematiche a carico della salute ma anche complicanze per chi risulta essere già affetto da una determinata patologia.
Tanto più se di tipo cardiaco.
Lo ribadiscono le conclusioni di un approfondimento capitanato da Jules Mesnier dell’Ospedale Bichat-Claude Bernard di Parigi e presentato nel contesto del Congresso ESC 2024.
Ebbene, lo studio in questione ha rivelato che i pazienti già affetti da malattia coronarica che hanno smesso di fumare - dopo la diagnosi del problema – sono a riusciti a ridurre il rischio di complicanze nella misura di quasi il 50%.
L’indagine ha preso in esame un gruppo di pazienti – censiti nel registro “Clarify, prospeCtive observational LongitudinAl RegIstry of patients with stable coronary arterY disease” - che erano fumatori nel momento in cui hanno scoperto di essere affetti da problemi coronarici restando poi osservati per un periodo di 6,5 anni con particolare attenzione rispetto al verificarsi di evenienze quali morte cardiovascolare o infarto miocardico.

“Il primo anno dopo la diagnosi è la finestra cruciale per smettere – ha fatto presente Mesnier, autore dello studio – al momento della diagnosi, dovremmo sottolineare l’importanza di smettere e sostenere i pazienti in questa sfida”.
Se dire addio alle bionde è un elemento importante, ridurne il consumo non determinerebbe incisivi abbattimenti del rischio che, tuttavia, sono comunque proporzionati al numero delle sigarette “tagliate”: mai si arriverà, però, ai livelli di “tranquillità” di chi fumatore non è mai stato.
“Mi piace dire ai miei pazienti che non è mai troppo presto o tardi per smettere di fumare anche se, ovviamente, prima un paziente smette, meglio è al fine di ridurre il rischio cardiovascolare – ha sottolineato Mesnier – e non è sufficiente ridurre il fumo”.
“Per i fumatori sono necessari messaggi brevi e chiari – ha precisato - Dire ai pazienti che possono dimezzare il rischio di un successivo evento grave o di morte è un messaggio potente”.

"Il piano di Sir Keir Starmer di vietare le sigarette elettroniche usa e getta è un attacco diretto alla riduzione del danno e danneggerà proprio le persone che il partito laburista afferma di proteggere”.
Sono dure e frontali le parole che vengono da Michael Landl rispetto ai programmi di fumo che vengono valutati dal nuovo Esecutivo inglese.
Il divieto delle monouso – spiega il numero uno della World Vapers’ Alliance - renderebbe più difficile per i fumatori passare ad alternative più sicure.
Questa politica altro non è che un regalo al mercato illegale.
È vergognoso che un governo laburista spinga una politica che colpisce di più i poveri, sottraendo di fatto uno strumento vitale che li aiuta a smettere di fumare".
Secondo il vertice dell’associazione internazionale che da svariati anni sensibilizza sui rischi fumo correlati e sul valore di alternative quali la sigaretta elettronica, “il divieto proposto sulle sigarette elettroniche usa e getta potrebbe invertire anni di progressi nella riduzione dei tassi di fumo nel Regno Unito”.
Una ricerca dell'UCL e del King's College di Londra, sottolinea ancora il medesimo, “avverte che un tale divieto potrebbe rallentare il declino della prevalenza del fumo, mettendo a rischio la salute di 2,6 milioni di persone”.
"Non si tratta solo di un passo indietro – prosegue e conclude Landl – Quella valutata dal Governo inglese è una mossa sconsiderata che potrebbe spingere gli attuali svapatori a tornare a fumare o a entrare nel mercato illegale, peggiorando le disuguaglianze sanitarie e mettendo a repentaglio la salute di milioni di persone”.

Quella cui fa riferimento il Presidente WVA altro non è che solo una delle strategie anti-fumo che dovrebbero essere incorporate nella apposita legge di contrasto al tabagismo in via di rivisitazione e che dovrebbe andare a sostanziarsi anche nella previsione di ulteriori spazi all'aperto smoking free senza dimenticare anche l'introduzione del cosiddetto divieto generazionale.
E, come detto, le e-cig non resterebbero indenni

Passo indietro canadese.
Il Governo dello Stato nordamericano, infatti, fa una brusca frenata sulle bustine di nicotina invertendo parzialmente la rotta rispetto alle decisioni che erano state assunte alla fine dello scorso anno.
Era, infatti, l’appendice del 2023 quando Health Canada aveva approvato per la prima volta la immissione sul mercato degli specifici dispositivi.
Dispositivi che, come noto, rappresentano un baluardo nelle strategie anti-fumo della Svezia.
Ora, però, tornando al discorso canadese, il Governo in questione rivede in modo importante le precedenti determinazioni e va a vietare la maggior parte degli aromi all’interno delle dette bustine.
In tal senso nei giorni scorsi è venuto apposito decreto da parte del Ministero della Salute Mark Holland.
L’alto esponente dell’Esecutivo nazionale canadese, poi, ha ribadito la propria posizione attraverso un “tweet” attraverso il quale lo stesso ha pure aggiunto come "vietando la pubblicità, le confezioni e gli aromi delle terapie sostitutive della nicotina che potrebbero attrarre i giovani, poniamo fine alla dipendenza prima che inizi".

Le prime bustine ad essere state autorizzate per il commercio in territorio canadese sono state quelle di British American Tobacco che, ovviamente, adesso subisce il contraccolpo di un mercato il cui quadro è mutato in modo repentino nell’arco di una manciata di mesi.
Ma la questione aromi non esaurisce il campo delle novità per quel che riguarda il discorso delle bustine.
I prodotti in questione, infatti, sempre per decisione del Governo, potranno essere venduti esclusivamente presso le farmacie – trasferendosi la discussione, quindi, in un discorso quasi medico.
In più novità sono in cantiere anche per quel che riguarda la semplificazione degli imballaggi “per garantire che non sussistano attrattive per i giovani”.
In definitiva, è stretta su quello che è uno strumento – come già prima accennato – che ha fatto la fortuna delle strategie di smoking cessation in Svezia, divenuto – non lo si dimentichi – Paese smoking free.

Picchiare i bambini, non nutrirli adeguatamente o svapare al loro cospetto.
Per le leggi della Thailandia, udite udite, tutte queste condotte configurano un medesimo reato: quello della violenza domestica.
Che quello asiatico non fosse esattamente uno Stato amico dello svapo era cosa abbastanza risaputa.
Del resto, basta consultare il sito viaggiareinformati.it – sito web che fa un po' da bibbia per i viaggiatori rispetto a usi, leggi e abitudini di un determinato Paese – per apprendere come da quelle parti anche il semplice possesso di una sigaretta elettronica possa far rischiare pene che arrivano fino all’arresto.
Ora, quindi, la ciliegina sulla torta che non fa altro che confermare come da quelle parti la e-cig sia vista come una sorta di oggetto diabolico.
Ebbene, secondo le Autorità locali – in una lettura interpretativa della norma molto “large” – svapare in casa propria in presenza di bambini (non vengono dati riferimenti esatti rispetto alla fascia anagrafica considerata) potrebbe, come prima anticipato, essere considerata una fattispecie di violenza domestica.
Tal quale al maltrattamento, alla scarsa cura dei propri figli.
Ovviamente, qualcosa che lascia molto interdetto.
Ed ancor di più lasciano interdetti le motivazioni che le Autorità hanno recato per arrivare a determinate conclusioni “Tra i gravi rischi per la salute associati allo svapo - evidenziano - la dipendenza dalla nicotina e potenziali gravi malattie polmonari come Evali”.
Ebbene si, Evali.
Già questo è molto indicativo della confusione totale che alberga nei decisori.
Evali, come i più ricordano, è una patologia da infiammazione polmonare che ha interessato centinaia di persone negli Usa, nel 2019, determinando ospedalizzazioni e decessi, che fu causata dall’uso di liquidi per sigarette elettroniche di contrabbando e non già da quelli del mercato ufficiale.
Fare riferimento, quindi, ad Evali per giustificare misure normative è qualcosa che non coglie assolutamente il problema.
Ma in Thailandia, tutto questo conta poco.
Tant’è che nessuna violenza domestica si configura, infatti, se si fuma in casa al cospetto di bambini.

Il mondo gira spesso e volentieri al contrario quando si parla di sigaretta elettronica.
In un settore che, dai suoi albori, ha attraversato uragani e tempeste di ogni sorta, si tende spesso ad alzare l’asticella dell’assurdo.
Ebbene, in Repubblica ceca si valuta in modo molto serio di vietare gli aromi nei liquidi per sigaretta elettronica.
Che piaccia o meno, la misura non sarebbe nuova nel contesto internazionale.
E, in effetti, la notizia non è questa. Meglio dirsi, non è solo questa.
La cosa realmente sconvolgente è che il “ban” sugli aromi riguarderebbe esclusivamente gli e-liquid e non gli altri prodotti – sigarette classiche comprese ed altri sempre a base di nicotina.
Un provvedimento unidirezionale che, in questi termini, mira esclusivamente a recare danno al settore svapo e non già – lo si ripete, si condivida o meno la misura – a varare una seria strategia in chiave anti-fumo.
Ma tant’è.
“Siamo sbalorditi – commenta in merito Robert Hrdlička, Presidente della Kevap - ovvero “Camera dello svapo elettronico” - Senza alcuna consultazione preventiva, il Ministero sta essenzialmente pianificando di vietare le sigarette elettroniche nella Repubblica Ceca.

Inoltre – prosegue l’attivista anticipando quelle che sarebbero ulteriori, future mosse dell’Esecutivo di Praga - una nuova imposta sulle sigarette elettroniche dovrebbe entrare in vigore a Settembre, con ulteriori aumenti previsti nei prossimi anni, secondo quanto riportato dai media.
L'approccio del Governo è del tutto illogico.
Prima, incoraggiano le sigarette elettroniche come strumento per ridurre il fumo, e ora le stanno sostanzialmente vietando".
Intanto, ulteriori esperti in materia ci vedono lungo e anticipano scenari che, del resto, sono alquanto prevedibili.
Secondo gli stessi, infatti, il divieto di aromi non farebbe altro che dare forza al contrabbando con la immissione nel circolo dei consumatori di prodotti che sarebbero sicuramente meno sicuri senza contare il danno che verrebbe causato in termini di mancate entrate per le casse statali”.

Una maxi multa pari ad oltre mezzo milione di dollari.
E’ quella che si è vista sventolare sotto il naso Airbox of Slovakia.
A sollevare la contestazione, come riporta la testata giornalistica Daily News Hungary, è stata l’Autorità ungherese per la concorrenza.
Nel dettaglio, l’azienda slovacca viene ritenuta essere colpevole di aver venduto a distanza – ovvero per il tramite dell’on line - sul territorio ungherese dispositivi elettronici per la somministrazione di nicotina.
Il Governo di Budapest, infatti, ha vietato gli acquisti via internet di prodotti a base di nicotina e, altresì, di tutti quei dispositivi hardware che possano essere a ciò funzionali.

L’indagine, per così dire, era stata avviata nel mese di Febbraio di quest’anno allorquando era stato avviato il procedimento dal momento che si era riscontrato come il sito web dell’azienda slovacca avesse chiuso più di una transizione con acquirenti insistenti nel territorio nazionale ungherese, pratica vietata dalla normativa nazionale.
In particolare, l’Autorità prima richiamata ha ritenuto che il sito web di Airbox stesse ingannando la clientela sul suo sito web in lingua ungherese rispetto alla legalità dei prodotti secondo la legge di Budapest.
Alla luce di tali ipotesi di pratica commerciale sleale, quindi, è venuto il blocco del sito web dell'azienda con la somministrazione della prima menzionata sanzione economica.

Non è il primo caso di questa tipologia: solo qualche mese addietro, infatti, la GVH aveva agito contro due aziende sempre slovacche per aver venduto illegalmente Elf Bar e ulteriori prodotti per lo svapo sul territorio ungherese per il tramite dei canali del web.
Come noto, per effetto di una legge approvata nel 2019 e divenuta operativa l’anno successivo, le sigarette elettroniche ed i liquidi per sigaretta elettronica possono essere acquistati in Ungheria esclusivamente presso la rete dei tabaccai.
Per di più la tassazione è anche alquanto significativa con prezzi finali per il consumatore che, di conseguenza, non sono esattamente bassi.
In questo mare si tuffano, quindi, fiutando importanti spiragli commerciali, le aziende di Nazioni limitrofe.

Il Centro America ed il Sud America continuano a confermarsi come realtà poco amiche della sigaretta elettronica.
Le ultime notizie in tal senso arrivano dal Costa Rica, lingua di terra che congiunge le aree settentrionale e meridionale del continente in questione.
Ebbene, con un recente provvedimento lo Stato in questione guidato dal Presidente Rodrigo Chaves Robles, meno di 1,5 milioni di abitanti, ha messo al bando l'uso delle sigarette elettroniche in diversi spazi pubblici al chiuso.
Come riporta il Tico Times, la principale testata nazionale della carta stampata, il divieto comprenderebbe ambienti quali ristoranti, uffici pubblici ed istituti scolastici, ovvero tutti luoghi al chiuso che per loro natura sono caratterizzati da una importante frequentazione di persone.
In tutti questi contesti, quindi, per legge nazionale sarà vietato concedersi una svapata.

A giustificare l'iniziativa intrapresa a livello statale, come rivelano fonti governative, vi sarebbe "un drammatico aumento dei disturbi correlati allo svapo".
"Solo nel 2023 – specificano in merito le medesime fonti governative dello Stato centroamericano - il Costa Rican Social Security Fund ha registrato 14 casi di intossicazione correlata allo svapo, tra cui nove minorenni, con sette che hanno richiesto il ricovero ospedaliero".
Siamo alle solite e come al solito, scusando il gioco di parole, la disinformazione la fa da padrona.
I casi di intossicazione invocati dagli Organi statali costaricani, infatti, non sarebbero collegati - come evidenzierebbero le associazioni pro svapo - al mercato legale bensì a quello illegale e parallelo del contrabbando.
Con le colpe di quest'ultimo che, per incomprensibili motivi, vanno a ricadere sul sistema nella sua complessità.
In piccolo, fondamentalmente, siamo al cospetto di quello che già si era verificato negli Stati Uniti d'America nell'anno 2019 con il cosiddetto caso Evali: in quell'occasione, infatti, decine e decine di persone erano finite in ospedale a causa di importanti intossicazioni ed infiammazioni di natura polmonare.
E pure in quell’occasione si era messa sul banco degli imputati la e-cig nella sua complessità per poi scoprirsi, però, che i liquidi incriminati erano stati acquistati sul mercato nero.
Se negli Usa, quindi, ci si era resi conto della situazione, in Costa Rica, invece, le colpe dei traffici illeciti sono andati a travolgere il contesto legale.

Una lettera inviata al Ministero della Salute spagnolo per esporre la posizione del Centro in merito alla legge anti-fumo in itinere.
E’ questa l’iniziativa intrapresa dal Coehar, importante riferimento della ricerca sulla riduzione del danno guidato e fondato dal professore Riccardo Polosa.
In Spagna, come noto, il Governo nazionale mira a rivedere la attuale normativa sul tabacco andandosi a prevedere, tra le altre, la possibilità di vendere i prodotti dello svapo esclusivamente presso i tabacchi con i vape shop che, di conseguenza, sarebbero destinati a chiudere venendo, di fatto, svuotati della loro ragione di esistere.

Il Coehar, pertanto, ha voluto tramite un messaggio ufficiale trasmettere al Governo di Madrid cercando di esortare ad un diverso approccio della materia anti-fumo che si apra alle nuove soluzioni del minor danno da fumo.
Il Coehar apprezza l’intento del Governo di rafforzare le politiche anti-fumo – viene spiegato nel testo della missiva - ma ritiene che sia necessario integrare approcci tradizionali di prevenzione e cessazione con nuove strategie di riduzione del danno per i fumatori che non riescono a smettere”.
I prodotti senza combustione, come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato – è ulteriormente specificato - sono significativamente meno dannosi rispetto alle sigarette convenzionali e possono aiutare i fumatori a ridurre i rischi associati al fumo e le conseguenze legate alle malattie fumo-correlate”.

Tre, fondamentalmente, le proposte-suggerimenti che si pongono all’attenzione dei legislatori spagnoli e che vanno dalla promozione di spazi senza fumo a diverse soluzioni su pubblicità, promozione e sponsorizzazione fino ad arrivare al tema, prima richiamato, della vendita al pubblico di prodotti del vaping.
Comprendiamo l’intento di proteggere la salute pubblica equiparando lo svapo al consumo di tabacco nei luoghi pubblici – viene fatto presente dal Coehar - ma è importante riconoscere le sostanziali differenze nei profili di danno tra il tabacco combustibile e i prodotti di svapo.
Equiparare questi prodotti potrebbe scoraggiare i fumatori dal passare a alternative più sicure, minando così gli sforzi di riduzione del danno.
Sosteniamo regolamenti che considerino i rischi ridotti associati allo svapo e ne supportino il ruolo nella riduzione del danno“.
Quanto al discorso pubblicitario si fa presente “Riconosciamo la necessità di regolamentazioni sulla pubblicità, promozione e sponsorizzazione per prevenire l’adozione da parte dei giovani. La crescente popolarità dello svapo tra i giovani non fumatori è una preoccupazione legittima ma le normative non dovrebbero essere così restrittive da limitare l’accesso dei fumatori adulti a informazioni accurate su alternative meno dannose.
I social media e le recensioni dei prodotti sono fonti preziose di informazioni per i fumatori che stanno pensando di passare allo svapo.
Regolamentazioni equilibrate possono garantire che, pur proteggendo i giovani, i fumatori adulti siano comunque in grado di prendere decisioni informate basate su informazioni affidabili”-
Conclusione sul discorso della vendita al pubblico
La restrizione della vendita di sigarette elettroniche ai negozi statali di tabacco potrebbe limitare significativamente l’accesso a questi prodotti di riduzione del danno per i fumatori adulti.
Una tale restrizione potrebbe involontariamente spingere i fumatori a ritornare ai tradizionali prodotti del tabacco più dannosi.
Raccomandiamo di consentire la vendita di sigarette elettroniche nei negozi specializzati in vaping, dove il personale è competente e può fornire indicazioni sul loro corretto utilizzo.
Inoltre, le vendite online – la conclusione del Coehar - dovrebbero essere consentite con rigorose misure di verifica dell’età per garantire che solo gli adulti possano acquistare questi prodotti”.

Stop alla vendita on line di sigarette elettroniche, e di annessi prodotti, nonchè della pubblicità.
E' questa la disciplina normativa con la quale si trovano a doversi confrontare gli svapatori delle Filippine.
Una disciplina che, tuttavia, ha un carattere revocabile.
"Si tratta di una sospensione temporanea finché gli e-marketplace non saranno in grado di convincerci della loro conformità agli obblighi previsti dal Republic Act No. 11900, o legge sullo svapo", ha fatto per l'appunto presente, nel contesto di un pubblico intervento, il Segretario al Commercio Alfredo Pascual.
Secondo il medesimo, come da consolidato leit motiv, l'adozione della ordinanza in questione è stata motivata principalmente dalla necessità di impedire la vendita di prodotti per lo svapo ai minori e di garantire che quelli venduti online rispettino gli standard di sicurezza stabiliti dalla legge.
Le aziende produttrici di sigarette elettroniche e le piattaforme di vendita online, pertanto, alla luce di queste "news", sono chiamate a presentare una certificazione di conformità alla legge quale atto necessario per poter riprendere le vendite.
Una recente indagine condotta dal Dipartimento del Commercio (DTI) e dell'Industria su 90.000 aziende impegnate nel settore delle sigarette elettroniche ha rivelato che 284 di esse hanno violato varie leggi, ad esempio vendendo sigarette elettroniche a meno di 100 metri da una scuola o utilizzando aromi studiati, secondo gli ispettori statali, per attrarre i minori.
Lo stesso Dipartimento, del resto, solo quest'anno ha confiscato prodotti per lo svapo per un valore di oltre mezzo milione di dollari.
Principalmente perché messi in vendita senza le dovute certificazioni, come il marchio Philippine Standard e l'adesivo Import Commodity Clearance.
A Giugno, quindi, il Dipartimento ha ordinato la certificazione obbligatoria dei prodotti per lo svapo in conformità al Vape Act, entrato in vigore nel luglio 2022.

"Sebbene l'intenzione alla base della sospensione sia encomiabile, CAPHRA ritiene che un approccio più efficace sarebbe quello di rafforzare le misure di controllo piuttosto che imporre divieti assoluti che potrebbero inavvertitamente riportare i consumatori a prodotti del tabacco combustibili più dannosi".
Così ha fatto presente Clarisse Virgino, una delle principali esperte di riduzione del danno da tabacco delle Filippine.
"CAPHRA - ha proseguito la stessa - sostiene gli sforzi del Governo per reprimere le vendite illegali ai minori e sollecita l'inasprimento delle sanzioni e della sorveglianza per garantire il rispetto delle norme, ai sensi dell'attuale legge sullo svapo".