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Il gigante Shenzhen gonfia il petto.
E diventa sempre più forte, sempre più preponderante nelle dinamiche internazionali.
Secondo testate giornalistiche specializzate cinesi, in particolare, Shenzhen (intendendosi con ciò il complesso di attività produttive del cosmo svapo ricadenti nella megalopoli cinese) avrebbe esportato nella prima metà dell’anno in corso un qualcosa come 26,2 miliardi di yuan (corrispondente a 3,36 miliardi di dollari) di prodotti afferenti il settore delle sigarette elettroniche.

Una somma imponente, già di per se, ma che assume un peso specifico ancora maggiore se rapportata all’andamento dell’anno precedente: rispetto alla prima metà dell’anno 2022, infatti, la crescita di Shenzhen è stata quantificata in un +35,8 percentuale.
Un gigante che, in sostanza, anno dopo anno incrementa il suo trend diventando ancora più pesante entro le dinamiche del mercato globale con una parabola che lascia presagire una crescita ancora significativa nel medio e nel lungo termine.

“Come si evince dai dati dell'Amministrazione generale delle Dogane cinesi – viene esposto nel report - l'esportazione di sigarette elettroniche avutasi a Shenzhen nella prima metà di questo anno ha rappresentato il 69,3% del totale in uscita dal Paese".

Ben 12,59 milioni di abitanti, una superficie che è pari una volta e mezzo quella della città di Roma, sei università e cinque linee della metropolitana, il colosso Shenzhen afferma sempre più il suo ruolo di capitale mondiale della sigaretta elettronica.

E non solo.
Oltre al discorso e-cig, infatti, la città cinese rappresenta un riferimento per quel che riguarda la grande produzione in generale della tecnologia.

Basti pensare che essa sia il quartier generale di super big quali Oukitel, Doogee, TP-LINK, Globalegrow e OnePlus, brand leader nel settore della telefonia mobile e della comunicazione in generale.
Così come afferente il settore della telefonia mobile è la Huawei, altro gigante che pure ha sede nella città in questione. Shenzhen sempre più capitale della tecnologia mondiale.

La sigaretta elettronica può causare problematiche a carico del fegato.
Anzi no.
Ennesimo dietrofront di uno studio che metteva in croce, ancora una volta, la sigaretta elettronica.
Il lavoro incriminato, in particolare, era stato pubblicato su “Gastroenterology Research”, rivista scientifica, nel Giugno dello scorso anno e ipotizzava, appunto, che i “vapori di nicotina” potessero associare “a maggiori probabilità di avere malattie del fegato rispetto ai non fumatori".
Ma analizzando tale lavoro, un altro gruppo di esperti ha scoperto carenze nel metodo che spaziano dal raccapricciante al clamoroso.
Tra i limiti più imbarazzanti della ricerca - incredibile ma vero - quello di non avere accertato se i pazienti oggetto dello studio avessero sviluppato patologie epatiche già prima di avere iniziato a svapare.

L’editore della testata giornalistica, nel “ritirare” il pezzo in questione, aveva precisato "Sono state sollevate preoccupazioni in merito alla metodologia dell'articolo, all'elaborazione dei dati di origine, inclusa l'analisi statistica e all'affidabilità delle conclusioni".
Questo è un problema più grande di un solo studio", ha affermato laconicamente, invece, Gregory Conley, Direttore degli affari legislativi ed esterni dell'American Vapor Manufacturers Association, nell’osservare come l’andazzo degli articoli “difettosi” sullo svapo sia fenomeno abbastanza diffuso – si ricorda al riguardo come ne fosse stato ritrattato uno nel 2020 che metteva in collegamento svapo e accidenti a carico dell’apparato cardiaco.

Studio ritirato, danno riparato? Ebbene no, le cose non stanno esattamente così.
Perché in quel periodo intercorso gli articoli connessi agli esiti di quella ricerca hanno dilagato in lungo ed in largo nei mari sconfinati di media, web e social finendo letteralmente dentro la testa delle persone così contribuendo a creare un preconcetto che è assolutamente ingiustificato sulla sigaretta elettronica.
Vero e proprio terrorismo mediatico fondato sul nulla, azioni leggere che hanno allontanato chissà quanti dall’accesso a dispositivi a minor danno lasciandoli tra le mortali braccia del fumo.
Perché alla fine questa è la grande tragedia.

Questa fiera “non s’ha da fare”.
In Corea del Sud è caos.
Il Governo, infatti, ha chiesto l’annullamento di una fiera del vaping il cui avvio, ebbene si, è fissato proprio per la giornata di oggi – Venerdi 21 Luglio.
Il Korea Vape Show 2023 si svolgerà o meno?
E’ questo l’interrogativo che ci si sta ponendo tra gli addetti ai lavori da quanto il Governo di Seul e, in particolare, il Ministero della Salute sta tartassando gli organizzatori dell’evento sollevando dubbi sulla liceità del medesimo.

In particolare, infatti, i funzionari ministeriali ritengono che la manifestazione, rispetto a vari profili, non sia conforme alla normativa vigente.
Un bel guaiaccio se si pensa alla complessità della macchina organizzativa, agli investimenti fatti, a tutti gli annessi e connessi che ruotano attorno ad una kermesse che è tra le principali del Paese asiatico

"Abbiamo inviato una lettera chiedendo che l'evento fosse annullato perché avevamo preoccupazioni dal punto di vista della promozione della salute”, si limitano a fare presente dal Ministero coreano.
Si teme, in particolare, che i minori possano intrufolarsi all’interno della kermesse così come si “teme” che, come già avvenuto in occasione delle passate edizioni, si possano svolgere all’interno della struttura gare cosiddette di “cloud chasing”, pratica che non è consentita essendo vietato lo svapo indoor – fatta eccezione per luoghi che sono equiparati alle sale fumatori.
Le “minacce” statali non hanno lasciato insensibili neppure i proprietari della location: e così dal “Korea International Exhibition Center” è venuto formale invito agli organizzatori del Korea Vape Show 2023 a desistere e a rinunciare alla manifestazione.
Da quest’ultimo versante, però, sono giunte picche: gli organizzatori non desistono e fanno presente che non si arretrerà di un passo non intendendosi cancellare nulla.
Se anche la Fiera non venisse annullata, ancora, dal Ministero promettono l'invio di controlli all'insegna della tolleranza zero.

Quattro membri dell'equipaggio e nove passeggeri leggermente feriti - per nessuno di essi si è reso necessario il ricovero ospedaliero; Contenuti danni al velivolo.
E' questo il bilancio di un incidente causato da una sigaretta elettronica occorso lo scorso 18 Maggio ma le cui risultanze dell'inchiesta interna sono emerse solo ora come rappresentate dalle preposte Autorità di controllo aeree - in particolare dal "Sisi", ovvero il Servizio d'inchiesta svizzero sulla sicurezza.

I fatti si erano verificati sul volo Ginevra-Amsterdam: pochi minuti dopo il decollo, l'Airbus A320 della Compagnia EasyJet era stato costretto a invertire la rotta e a far ritorno presso lo scalo di partenza.
Fumo ed anche piccole lingue di fuoco avevano preso a liberarsi da un bagaglio che era stato posizionato nel vano posto al di sopra delle sedute.
A quel punto si era reso necessario declarare senza indugio la condizione di emergenza con l'inversione della rotta destinazione lo scalo aeroportuale di "Cointrin".
Quindi l'indagine interna che ha confermato come all'origine dell'incidente vi fosse stato il malfunzionamento di un dispositivo da svapo.

LE NORME INTERNE

EasyJet, da parte sua, ha fatto presente con tanto di nota ufficiale come venga tassativamente proibita la procedura di ricarica delle e-cig a bordo degli aerei e come tale norma sia esplicitamente disciplinata nel regolamento interno dell'azienda.
Allo stesso tempo è stato anche ribadito come tali prescrizioni vengano esplicitamente menzionate prima di ogni volo nel momento in cui si fa riferimento alla generali condotte in termini di sicurezza.
In ogni caso, EasyJet ha ribadito, nonostante il boom di problematiche causate da siffatti aggeggi, come non sia assolutamente in discussione un divieto di portare a bordo sigarette elettroniche e affini.
Ipotesi, quest'ultima, che era stata sollevata da una Sigla sindacale elvetica che rappresenta il personale di volo.
In effetti, piuttosto che addivenire a misure drastiche, basterebbe semplicemente attenersi a semplici regole.

Che effetto hanno gli aromi contenuti nei liquidi per sigarette elettroniche sulle abitudini dei fumatori?
E' questa l'indagine che sarà condotta dal Center for Tobacco Research presso l'Ohio State University Comprehensive Cancer Center.
Un'indagine che - qui sta molto della notizia - sarà sovvenzionata dalla Food and Drug Administration attraverso un finanziamento che quest'ultima ha concesso al Centro di studi dell'Ohio nella misura di 3,9 milioni di dollari.

“La Food and Drug Administration - commentano Theodore Wagener, direttore dell'Ohio State's Center for Tobacco Research, e Tracy Smith dell'Hollings Cancer Center della Medical University of South Carolina - deve comprendere come bilanciare i suoi obiettivi di proteggere giovani, da una parte, e offrire opzioni di riduzione del danno agli adulti, dell'altra.
Questo nuovo studio genererà dati critici per aiutare le persone a prendere decisioni in termini di salute pubblica più "informate" e che, quindi, potranno avere un impatto duraturo”.
Il problema, spiega Wagener, è che ad oggi "la Fda sta attualmente assumendo conclusioni normative sui sapori delle e-cig sulla base di elementi scientifici che sono incompleti".
"I dati esistenti - è esposto ancora - mostrano che anche i fumatori preferiscono le sigarette elettroniche aromatizzate e se è vero che ci sono alcuni approfondimenti che suggeriscono che esse possano essere più utili per passare allo svapo, è anche vero che tali studi non sono abbastanza rigorosi da consentire alla Fda di basarvi le sue decisioni normative".
A fronte della fragilità delle prove ad oggi disponibili, quindi, prosegue e conclude lo studioso, "il nostro studio sarà il primo a fornire alla Fda informazioni definitive sull'eventuale beneficio degli aromi delle sigarette elettroniche per i fumatori adulti".

In buona sostanza l'importante organismo istituzionale Usa - Ente governativo che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, dipendente dal Dipartimento della Salute e dei Servizi umani - cerca elementi di maggiore robustezza statistico-scientifica su cui fondare le prossime determinazioni.

Era già stato annunciato nelle scorse settimane.
Dalla giornata odierna entra in vigore il divieto di vendita nel territorio ucraino di sigarette elettroniche e di prodotti del tabacco riscaldato aromatizzati.
Addio sapori, per dirla breve.
Allo stesso tempo, sempre a partire dalla giornata di oggi, scatta anche una serie di restrizioni per quel che riguarda il discorso pubblicitario.
In particolare, come riporta il testo normativo allo scopo licenziato, "la pubblicità, la promozione delle vendite e la sponsorizzazione di e-cig, liquidi in esse utilizzati e dispositivi per il consumo di prodotti del tabacco senza bruciarli saranno vietate dall'11 luglio 2023".

Ci sono novità anche per il packaging delle classiche "bionde": nello specifico, a partire dall'11 Gennaio del prossimo anno, le avvertenze relative ai danni fumo correlati – sia testuali sia consistenti in immagini – dovranno coprire circa il 65 percentuale della superficie di ciascun lato dei pacchetti.
Si tratta, come evidente, di una serie di riforme e di accorgimenti che si inquadra in una apposita strategia di contrasto al fenomeno del tabagismo e che, con tutta evidenza, si fonda anche sul convincimento che le e-cig possano rappresentare una porta di ingresso verso un futuro da tabagista.

In effetti, l’Ucraina non se la passa avanti per quel che riguarda i consumi di sigarette: lo Stato ex Urss, infatti, rientra nella top 20 della particolare graduatoria – esattamente occupando il 18esimo gradino – con una stima di sigarette consumate mediamente pro capite (popolazione di età maggiore ai 15 anni) quantificata in 1.853,66 unità (laddove al primo posto di questa classifica staziona l’Albania con l’Italia, che manco se la passa benissimo, al 34esimo posto con un consumo di 1.442,87 bionde).
Per i trasgressori è prevista una sanzione non certo leggera prossima ai nostri 800 euro.
Contestualmente, ancora, è stato introdotto il divieto di fare uso dei cosiddetti “ends” in tutti i luoghi pubblici al chiuso.

Il Primo Ministro inglese promette battaglia all'uso illegale dei vaporizzatori.
E c'ha pienamente ragione.
Se, infatti, come dal medesimo affermato, il vaping continua a restare baluardo delle politiche di smoking cessation, non si può trascurare il fenomeno dato dalla circolazione fuorilegge di dispositivi del vaping.
E le cifre inglesi sono abbastanza raccapriccianti.
Nei primi quattro mesi del 2023, infatti, si è registrato un sequestro di dispositivi non conformi per un quantitativo sette volte superiore a quanto non avvenuto nell'intero anno solare precedente.
Un boom che trova la sua spiegazione nella maggiore sensibilità degli Organi governativi nonchè nel boom del mercato nero delle "usa e getta", essenzialmente riconducibili a produzioni extra europee.
Con un bacino di utenza in buona parte rappresentato da adolescenti.
Da più parti, quindi, la richiesta alle Autorità di attivarsi in termini di repressione del fenomeno con risultati che, in tal senso, sono venuti dalle aree di Londra nonchè da quelle del Sud-Est e del Nord-Ovest dell'Inghilterra.
Forte sollecito viene anche dalla Ukvia, vale a dirsi la UK Vaping Industry Association, Sigla che raduna i produttori dello svapo d'Oltremanica

“Devono anche essere applicate sanzioni più elevate per ogni violazione per i venditori disonesti" è quanto auspicato.
Contestualmente facendosi voti affinchè in capo a quanti vengano pizzicati a vendere prodotti non leciti siano contestate sanzioni aumentate, nel dettaglio, ad almeno 10.000 sterline, ovvero un qualcosa equivalente a 12.800 dollari.
Simile "alert" anche da Dan Marchant, Dirigente di Vape Club, grosso player inglese per quel che riguarda la vendita all'ingrosso di e-cig e di relativi e-liquid.
I prodotti di svapo illeciti - ha ribadito il manager - possono potenzialmente essere pericolosi per la salute dell'utente.
Ciò che serve è un sistema di licenze in modo che i test di verifica dell'età possano essere applicati, in modo quanto più adeguato, a ogni rivenditore".

Il Paese che mira ad abolire il fumo.
Ma, intanto, vieta le sigarette elettroniche.
E' abbastanza paradossale quando si sta avendo in Bangladesh, Stato asiatico dalla altissima demografia (170 milioni abitanti) e dai notevoli problemi di tipo sanitario e sociale.
Il locale Governo, infatti, vuole proibire lo svapo, in tutte le sue forme.
Stop alla produzione, all'importazione, all'esportazione, allo stoccaggio, alla vendita nonchè al trasporto dei vaporizzatori e dei loro singoli componenti.
Liquidi compresi, ovviamente. 
Questo quanto contenuto in una proposta di legge che ipotizza anche sei mesi di carcere per i trasgressori.

Un divieto assoluto, totale ma, udite udite, tale provvedimento si inquadra nell'ottica di cogliere lo status di Paese smoking free entro l'anno 2040.
Allo stato, però, alcuna restrizione è stata adottata direttamente con riguardo all'uso delle bionde.
Un pò come il medico che, per curare la malattia, ti proibisce la medicina.

Ovviamente l'associazionismo pro svapo non è restato passivamente alla finestra a fare da spettatore.
“Con VoV Bangladesh - ha fatto presente Nafis Farhan, uno degli attivisti dell'associazione - abbiamo compiuto enormi sforzi per educare i consumatori e i responsabili politici su come funziona la riduzione del danno e perché il Bangladesh dovrebbe sostenerlo.
È sconvolgente vedere che le Autorità sanitarie in Bangladesh stiano invece scegliendo di combattere lo svapo.
Chiediamo - la conclusione - di riconsiderare gli emendamenti proposti ed evitare il disastro per la salute pubblica che sarebbe senza dubbio causato da un approccio proibizionista”.

CONSEGUENZE PERICOLOSE: LA DENUNCIA DELLA WORLD VAPERS' ALLIANCE

Le conseguenze potrebbero essere tanto immaginabili tanto devastanti in un contesto nazionale dove il tabagismo è una piaga senza nulla invidiarsi alla vicina India.
Pieno sostegno agli attivisti locali è venuto dalla World Vapers'Alliance.
Liza Katsiashvili, Community Manager del sodalizio internazionale, ha dichiarato come sia "ironico che le Autorità sanitarie del Bangladesh non stiano prendendo in considerazione il fallimento del divieto di svapo nella confinante India".
"Al contrario - ha proseguito - sostengono un simile approccio proibizionista, che è già predisposto a fallire, causare l'emergere del commercio illecito e mettere a repentaglio milioni di vite spingendo i vapers a tornare a fumare.
L'unica soluzione realistica e pragmatica per raggiungere un obiettivo senza fumo in Bangladesh e nel mondo - la conclusione - è attraverso la cessazione del fumo e principalmente lo svapo, che ha dimostrato di essere il 95% meno dannoso delle sigarette convenzionali e due volte più efficace per smettere rispetto ad altri metodi di riduzione del danno per fumatori”.

Si chiama Le Petit Vapoteur.
Ed è una catena di negozi di sigarette elettroniche che sta prendendo sempre più quota nel mercato dello svapo francese.
Il brand, infatti, che già era proprietario di diverse decine di attività in un pò tutto il territorio transalpino, ha proceduto all'acquisizione di una piccola catena di Store.
Per la precisione, a passare sotto le Petit Vapoteur, sono i dodici negozi ad oggi ad insegna Kitclope.
Si tratta di una serie di Store, quest'ultimi, diffusi nell'area della capitale Parigi e delle immediate aree metropolitane.
Realtà molto caratterizzati, dalla forte identità.

A crearli erano stati Maria e Mathieu Czernichow con il primo taglio del nastro che si era avuto nel 2012, praticamente agli albori o quasi dell'era della sigaretta elettronica.
Una coppia arrivata direttamente dal mondo del cinema che aveva deciso di investire nello svapo e che aveva trasferito nel nuovo filone imprenditoriale la propria impronta in termini di creatività e di immagine.
Dando vita ad una serie di aperture che si era imposta presso la clientela anche per lo stile accattivante e molto particolare degli ambienti.

Ora, però, l'evoluzione imprenditoriale con i nuovi acquirenti che si affrettano a precisare come, al di la della proprietà, nulla cambierà negli ormai ex Kitclope che resteranno salvaguardati nel loro "animo".
"L'identità e le squadre di Kitclope non cambieranno - si è preoccupato di spiegare con una nota stmapa Christophe Bourgeois, Direttore generale di Le Petit Vapoteur - È un marchio molto bello e ben noto ai parigini, che ha sviluppato un forte ego che vogliamo preservare”.
Rivisti, intanto, al rialzo i progetti di Le Petit Vapoteur che, rispetto alle 70 inizialmente preventivate, come da progetti aziendali, si pone ora l'obiettivo delle 80 nuove aperture nell'anno 2023.
Aperture che non sono da ricondurre ad un discorso di franchising: tutti i punti vendita, infatti, sono a proprietà diretta.

La guerra in Ucraina e quello che solo apparentemente si pone come un effetto insospettabile.
Ebbene, il conflitto nello Stato ex Urss – divampato sul campo dal Febbraio 2022 - potrebbe accelerare il processo di legalizzazione della cannabis per scopi terapeutici.
Lo ha fatto presente il Presidente Volodymyr Zelensky in una dichiarazione resa alla stampa internazionale.
La cannabis terapeutica si andrebbe ad inquadrare in un discorso di recupero post traumatico per la popolazione ucraina, ovviamente impattata dall’evento bellico e, quindi, versante nella necessità di smaltire lo stress bellico.

LE PAROLE DEL PRESIDENTE

“L'Ucraina – così la giovane guida statale - ha bisogno di creare la più forte industria della riabilitazione in Europa.
Questo vale sia per la costruzione di centri di riabilitazione che per la formazione del personale interessato.
Tutte le migliori pratiche del mondo, tutte le politiche più efficaci, tutte le soluzioni, per quanto difficili o insolite possano sembrare, necessitano di essere applicate.
In particolare, dobbiamo legalizzare finalmente i medicinali a base di cannabis in modo equo per tutti coloro che ne hanno bisogno”.

Ed ancora “Tutte le soluzioni, per quanto difficili o insolite possano sembrarci, devono essere applicate in Ucraina in modo che gli ucraini, tutti i nostri cittadini non debbano sopportare il dolore, lo stress e il trauma della guerra”.
Il conflitto, quindi, non fa che dare impulso alle intenzioni di Zelensky.

Il Presidente ucraino, infatti si è sempre mostrato alquanto aperto rispetto alla tematica tant’è che già nel 2019, vale a dire in tempi assolutamente non sospetti, aveva chiaramente manifestato la personale propensione rispetto all’utilizzo della specifica sostanza per finalità che fossero di tipo medico.
Quella che sarà, in conclusione, una ripresa lenta e difficoltosa dagli esiti, qualunque essi saranno, di uno scontro fratricida passerà anche per la strada del recupero “mentale” della popolazione.
Ed in questo discorso, come visto, la cannabis avrà un suo ruolo ben definito.