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Se ne parla sempre più spesso.
Spiaggia, sigarette e multe.
Da qualche anno “dilaga” sui litorali nazionali il condivisibilissimo “trend” di vietare il fumo di sigaretta in spiaggia.
Numeri che sono in forte crescita ma difficilmente quantificabili mancando un “censimento” ufficiale.

IL CASO SASSARI
“Eclatante”, al riguardo, il recente caso di Sassari dove due vigilesse in borghese – ma proprio in borghese, ovvero con tanto di costume ed occhiali da sole – si sono mimetizzate alla perfezione tra i bagnanti multando i trasgressori, ovvero coloro i quali stavano amabilmente concedendosi una bionda o che avevano appena sotterrato una cicca.
Tra stupore ed incredulità.
La domanda: si può fumare tra sdraio, bagnasciuga ed ombrelloni?
Secondo la legge dello Stato, si, si può.
Meglio dirsi, non è vietato.
La Sirchia, infatti, entrata in vigore nel 2005 e riferimento normativo in materia, vieta il fumo esclusivamente negli ambienti di pubblico accesso al chiuso.
Non esiste, quindi, alcuna legge di respiro nazionale, cioè valida ed applicabile in tutto il territorio italiano, che proibisca di fumare in luoghi all’aperto, spiagge comprese.
Perchè, quindi, in alcune di esse non si può fumare?

LA FONTE DEI DIVIETI
Chi è che detta il divieto?
La risposta: i Comuni.
La nostra Costituzione, infatti, prevede, in generale, che anche i singoli paesi o città possano intervenire con proprie “norme”, che si chiamano ordinanze o regolamenti, sempre, ovviamente, nel rispetto dei principi generali dello Stato stesso.
Venendo al nostro caso, quindi, alcune Amministrazioni locali hanno previsto il divieto di concedersi una “classica” sulle spiagge.
Ma si tratta di divieti che valgono solo in quei territori comunali le cui Amministrazioni hanno disposto in tal senso.
Ad esempio: l’ordinanza del Comune x con il quale si proibisce di far uso di sigarette in spiaggia avrà valore solo sui litorali del Comune x e non anche su quelli del Comune y, casomai quest’ultimo non abbia emanato simile ordinanza.
Se vi fosse stata, invece, una norma statale “no smoking”, che è gerarchicamente superiore, il divieto si sarebbe dovuto applicare indistintamente su tutto il suolo italiano.
Quanto al compito di vigilare sull’osservanza dei divieti, dove vigenti, lo stesso ricade sulla Polizia municipale.

I MOTIVI DELLE ORDINANZE
Perchè vietare le “bionde”?
La motivazione è di tipo ambientale ma anche di tutela della salute.
La vicinanza tra ombrelloni potrebbe far si, nonostante ci si trovi all’aria aperta, che si possa assorbire il fumo passivo altrui.
Una pratica che rappresenta un danno per il non fumatore.
Tanto più – in questi anni di emergenza epidemica – considerando come l’esposizione alle nuvole altrui potrebbe rappresentare un rischio, sebbene non estremamente importante, in chiave Covid.
E poi c’è la ragione di eco-tutela.
E’ noto a tutti, infatti, come le cicche abbiano tempi biblici per la loro decomposizione – nell’ordine di svariati anni – e quante e quali siano le sostanze inquinanti presenti al loro interno.
E ben sappiamo come tutti i fumatori in versione balneare, dopo aver fumato, smaltiscano il rifiuto sotterrandolo sotto la sabbia e non si preoccupino di portare via il “reperto”.
Nessun Comune, invece, ha emanato provvedimenti “restrittivi” per quel che riguarda l’utilizzo di sigarette elettroniche.

In occasione della Giornata mondiale senza tabacco il pensiero di non pochi al senatore del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Auddino.
Ovvero al papà mancato, per così dire, di quella che sarebbe potuta essere una specie di Sirchia bis.
Se la Sirchia, infatti, punto cardinale nella storia della recente legislazione nazionale, ebbe ad introdurre il no al fumo negli ambienti pubblici al chiuso, il disegno del parlamentare M5S si era spinto ancora oltre.
Lo stesso aveva previsto, infatti, l'introduzione del divieto di fumo (ma anche di svapo) in tutti quei luoghi all’aperto dove vi fosse aggregazione di persone.
Ok, quindi, alla sigaretta ed alla sigaretta elettronica – si – se si è da soli in un contesto “open air”; allorquando, però, ci si ritrovasse con qualcuno nei dintorni, subentrerebbe il divieto.
In sostanza un po’ quello che si sta verificando in singole realtà italiane (Milano su tutte) che hanno posto in essere, con ordinanze dei rispettivi sindaci, le specifiche limitazioni.
Con la “Auddino”, invece, quei divieti avrebbero avuto vigore di legge e, pertanto, avrebbero spiegato la loro efficacia, senza distinzione alcuna, su tutto il territorio nazionale.
C’è tuttavia una differenza di base non irrilevante: i regolamenti e le ordinanze emessi da varie realtà locali, appena citati, non contemplano, diversamente dal disegno del grillino, anche il divieto di svapo.

IL SENATORE SPERA CALENDARIZZAZIONE IN COMMISSIONE IGIENE E SANITA’
Sempre con riguardo al Capoluogo lombardo, ad esempio, alle fermate dei bus o nei parchi non si possono fumare le classiche ma ci si può concedere la e-cig; uguale discorso anche presso i vari litorali nostrani “smoking free”.
Il disegno di legge del senatore M5S, invece, prevede un appiattimento, per così dire, fumo-svapo.
“Il mio Ddl – ha sottolineato, proseguendo, Auddino a telemia.it – tutela il diritto di tutti di respirare la propria aria, non inquinata dal fumo passivo anche all’aperto.
Ecco perchè auspico inizi subito l’iter di approvazione”.
Tecnicamente il disegno normativo è in standby nell’anticamera dell’aula del Senato attendendo di essere eventualmente posto in scaletta, nella relativa discussione, dalla Commissione Igiene e Sanità, la cui Presidente piddina, senatrice Annalisa Parente – confida ancora Auddino alla testata on line calabrese – “è stata tra i cinquanta firmatari della proposta”.
Se ne riparlerà?
O la Sirchia bis resterà nel limbo dei progetti non realizzati?

Le nuove opportunità della tecnologia e le nuove questioni per il diritto. E, perchè no, per la morale.
Il caso è quello di un insegnante che, al pari di tanti colleghi, è alle prese, in questo strambo periodo, con la didattica a distanza.
Lezioni attraverso il pc, il docente di qua, gli alunni di la.
E, quindi, c'è l'insegnante che, mentre sta tranquillamente seduto al pc di casa propria, mentre sta impartendo la spiegazione ai suoi discepoli, si accende una sigaretta.
E la questione diventa un caso.
Perchè qualcuno (molto probabilmente un alunno-talpa) fa arrivare la vocina all'orecchio del Dirigente scolastico che, sollecitamente, invita, con un mezzo formale, l'insegnate a non concedersi più bionde al cospetto degli alunni.
Poco conti se quel “cospetto” sia virtuale.
Questo, quindi, il contenuto di una ammonizione bonaria – in quanto tale, però, suscettibile di creare un precedente, quanto meno in ambito scolastico.
Ebbene, i quesiti sono i seguenti: quel Dirigente scolastico era autorizzato a richiamare all'ordine il docente?
Ne aveva titolo?
Ni.
Meglio dirsi: la Preside non sembra detenere alcun elemento giuridico reale, vero per poter imporre all’insegnante la specifica condotta.
E’ anche vero, però, che l’insegnante medesimo, che prima di tutto è educatore, è stato inopportuno nel suo atteggiamento.
La legge italiana, si ricorda, impone il divieto categorico di fare uso di sigarette e di sigarette elettroniche all’interno di tutti gli ambienti scolastici.
Già la 584/1975 – “Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico” – dava prime indicazioni – in quell’anno, ovviamente, contemplando la sola fattispecie del tabacco non essendo ancora stata “inventata” la e-cig; poi la questione fu riproposta con la Sirchia che impose il no alla sigaretta nei luoghi pubblici al chiuso.
Ma solo con la 128/2013 si ebbe una disciplina specifica “tarata” sulla scuola stabilendosi come alcuno potesse fumare (o svapare) all’interno degli ambienti dell’Istruzione, pertinenze incluse – quali scale e cortili.
L’INSEGNANTE ED IL SUO RUOLO DI EDUCATORE
In definitiva, tornando alla questione esaminata: se il professore avesse fatto “dad” collegato dall’ambiente scolastico, sicuramente sarebbe gravato sulla sua persona l’obbligo di non fumare.
Collegato dalla sua abitazione, ovviamente, il medesimo ha visto più evanescente la sua “colpa”.
Anzi, come detto, in termini stretti di legge, l’insegnante era anche legittimato a concedersi la sua sigaretta.
Ma non si può ignorare, però, una norma che scritta non è ma che può avere un peso determinante sulla questione.
Non si può perdere di vista il fatto che un docente, come prima detto, è anzitutto un educatore.
E dallo stesso deve venire esempio per quel che riguarda stili e abitudini.

Condominio, realtà ove si accostano le più diverse modalità di vita. Le più diverse abitudini. Non ultime quelle relative alle sigarette.
Quali doveri è tenuto ad osservare il condòmino fumatore con riferimento alla convivenza nelle aree comuni quali scale, ascensori, pianerottoli?
Senza dimenticare, poi, attenzione attenzione, come vi siano anche aree private, si vedano i balconi di casa, che possono divenire "terra di confine". 
Si potrà sempre e liberamente fumare in queste "location"?
Può, quest’ultima “condotta”, sempre e comunque essere ammessa?
E’ un’interessante questione quella che viene analizzata dal sito di diritto “La legge per tutti”.

Ebbene, venendo al dunque, circa le aree condominiali al chiuso, la tematica si pone come di semplice e immediata analisi.
In luoghi come il vano scale, l’ascensore, vale a dire, non è possibile fumare. Senza deroga alcuna.
E la fonte di tale norma si rintraccia in quanto previsto in seno alla legge Sirchia, entrata in vigore nell’anno 2015 (e in una successiva circolare del Ministero della Salute), che, molto semplicemente, fa divieto di fumare in luoghi pubblici che non siano all’aperto.
E, come appare chiaro, l'area condivisa di un condominio è di accesso pubblico.
Se, quindi, qualche “vicino” si concedesse una "bionda" nella tromba delle scale o, peggio, nella cabina dell’ascensore, si potrebbe – nel momento in cui non fosse stato sufficiente un bonario rimbrotto – allertare il “controllore”, nel siffatto caso l’amministratore, per i necessari provvedimenti.
E per quel che riguarda il balcone di casa?
Ho facoltà di chiedere alla legge che Tizio o Caio non fumi sul balcone del suo appartamento nel momento in cui il (suo) fumo mi andasse a determinare danno o disturbo?
Ebbene, chi si attende una totale impotenza della legge, rispetto a tali fattispecie, è in errore.
In primis, si fa presente, la legge Sirchia non può essere invocata per un contesto privato, quale quello dato dal balcone di una casa.
In più è da farsi presente l’atteggiamento di “garanzia” che viene riservato dalla legge al proprietario privato.
Compito, quindi, che si prospetta inizialmente non semplice quello di impedire, in nome della legge, ad un vicino di spegnere la sigaretta sul proprio balcone.

LA TEMATICA DELLE “IMMISSIONI INTOLLERABILI”

Sempre, però, che la sigaretta e, precisamente, il fumo che da essa si sprigiona non si vada a configurare nella fattispecie delle “immissioni intollerabili”.
Immissioni per le quali si intende, come spiegano da “La legge per tutti”, “flussi di fumo ed esalazioni, ma anche rumori e scuotimenti, che derivano dalla proprietà del vicino”.
Che possono essere considerate come “intollerabili” nel momento in cui le stesse “superino la normale tollerabilità”.
Un estremo, quindi, che andrebbe ad imporre di  riservare tutelare alla parte lesa o, addirittura, di ristorarla.
Caso pratico: una persona, affetta da importante patologia (che sia un cancro o una patologia cardiaca) è impossibilitato, di fatto, ad affacciarsi al proprio balcone giacchè, quando lo fa, si trova ad essere raggiunto dal fumo che viene dalla sigaretta del vicino.
Ebbene, in tale fattispecie, sebbene la cosa non sia in modo immediato dimostrabile, si potrebbe richiedere l’intervento della Legge.
E la sigaretta elettronica? Può anche essa venire risucchiata nel discorso delle “immissioni intollerabili”?
Anche in siffatto caso, molto dipende dalla discrezionalità del giudicante dal momento che le previsioni della Sirchia (che potrebbe fare da paravento alle e-cig) non si estendono anche al settore Svapo.
Al di là del fatto che la “Sirchia” non trova applicazione in contesti privati quali quelli dati dal balcone di un’abitazione.
Materia, anche in questo caso, che si presenta in chiara evoluzione giurisprudenziale