La crisi che ha colpito gli Stati Uniti, riguardate i liquidi illegali usati, non risparmia neanche l'Italia dove l'ISS sta preparando strategie atte alla prevenzione dei possibili rischi legati ai liquidi per sigarette elettroniche.
Si preannuncia un problema a livello internazionale quello subentrato negli Stati Uniti nelle ultime settimane dove incoscienti ragazzi hanno fatto uso di liquidi illegali al THC comprati illegalmente sul mercato nero o fatti in casa tanto da portare l’Istituto superiore di Sanità a preparare «strategie in grado di attuare misure di prevenzione più efficaci per contrastare i possibili rischi associati all’uso del dispositivo».
La notizia battuta sul Messaggero, con intervista a Roberta Pacifici, dirigente di ricerca dell'ISS e responsabile del centro nazionale dipendenze e doping, riporta che in Italia si ipotizzano già misure che ricordano quelle attuate per le sigarette. Non la proibizione, ma comunque avvertimenti ai consumatori su rischi per la salute e anche divieti di utilizzo in luoghi pubblici, per evitare la diffusione del fumo passivo.
Il problema delle e-cig è anche quindi legato, secondo quando detto dalla Pacifici, all'acquisto dei liquidi che molto spesso avviene online, e non nei negozi autorizzati, e quindi è con molta probabilità esente da controlli. Per non parlare poi di chi non acquista i liquidi in commercio ma ricorre al fai da te, inserendo nell'apparecchio altri tipi di sostanza.
Ricordando che le stesse vittime dei liquidi illegali americani hanno confermato di aver usato liquidi non a norma e pertanto non si può imputare la colpa alla sigaretta elettronica in se ma all'incoscienza dell'utilizzatore che ha usato il dispositivo per veicolare tutt'altro che liquido inalabile in Italia i liquidi o e-liquid venduti sono controllati dal Ministero della Salute e la vendita è consentita attraverso la rete dei negozi autorizzati dall'Agenzia delle Dogane e Monopolio.
Basti ricordare che In Italia il decreto legislativo del 12 gennaio 2016 n. 6, recependo la direttiva 2014/40/UE, impone ai fabbricanti e agli importatori di prodotti del tabacco e ai fabbricanti e agli importatori di sigarette elettroniche e di contenitori di liquido di ricarica di notificare i loro prodotti allegando a tale notifica una serie di informazioni su composizione ed emissioni. Lo stesso Umberto Roccatti, presidente di ANAFE, ha confermato che in Italia, così come in Europa, i liquidi per sigarette elettroniche sono sicuri e certificati.
All'orizzonte si prospettano oltre alle preoccupazioni degli esperti, in Italia si ipotizzano già misure che ricordano quelle attuate per le sigarette. Non la proibizione, ma comunque avvertimenti ai consumatori su rischi per la salute e anche divieti di utilizzo in luoghi pubblici, per evitare la diffusione del fumo passivo. Roberta Pacifici dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità e responsabile del Centro nazionale dipendenze e doping è chiara:
"In attesa di avere più certezze, come uomini di sanità pubblica dobbiamo puntare sulla massima cautela e sulle avvertenze ai consumatori. Trattiamola come una sigaretta tradizionale: giusto scriverci “può nuocere alla salute”, giusto vietare la pubblicità, giusto vietare l’uso nei luoghi pubblici come previsto dalla legge Sirchia. Ripeto: è necessario un atteggiamento prudenziale, in attesa di avere studi più completi. E ai ragazzi insegniamo che non tutto quello che è venduto su internet è privo di rischi, se proprio si deve consumare quel prodotto, si utilizzino i canali ufficiali e controllati".
"Stiamo parlando di prodotti che negli ultimi sette-otto anni hanno cambiato di frequente la tecnologia, con modelli sempre nuovi e performanti nell’erogare nicotina. Questi modelli seguitano ad evolversi, anche per l’interessamento delle multinazionali del tabacco che hanno investito in tecnologia e sicurezza dello strumento tecnico che magari in passato avevano problemi di surriscaldamento delle batterie. Tutt’altro ragionamento va fatto sulla questione della ricaduta sulla salute. Gli studi a disposizione purtroppo non sono complessivi, magari fanno riferimento a modelli non più in commercio. E ripeto: un conto è parlare del device, un altro è verificare cosa viene erogato. Cosa può succedere alla salute, soprattutto a lungo termine, non lo sappiamo. Dati epdimiologici di popolazione e le ricadute sui soggetti non ce ne sono".
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