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Sorridere rappresenta una forma di comunicazione indiretta che suscita risposte immediate in chi ci circonda, stimolando un benessere fisico immediato e rappresentando il nostro biglietto da visita con la collettività.
Purtroppo, il cavo orale è soggetto alla formazione di patologie che invalidano sia l’aspetto che la funzionalità del sorriso, alcune delle quali legate all’insorgenza della placca dentale, una formazione batterica che riveste come un film i denti e che può essere il precursore di gravi patologie dentali.
Studi recenti hanno dimostrato che esiste una connessione tra lo sviluppo delle parodontiti e il peggioramento delle condizioni del sistema cardiovascolare.
Di conseguenza, l’accumulo di placca dentale aumenta le chance di peggiorare non solo l’aspetto esteriore dei denti, ma anche di compromettere la salute.

Ma come misurare i danni del fumo sul sorriso?

Questa domanda è stata affrontata da un team internazionale di dentisti appartenenti all’Università di Bologna, Univeristy Padjadjaran (West Java, Indonesia), Nicolae Testemiţanu State University of Medicine and Pharmacy (Chişinău, Republic of Moldova) e alla University Unit of Periodontics, Oral Health Sciences Centre, Post Graduate Institute of Medical Education and Research (Chandigarh, India) in collaborazione con i ricercatori del CoEHAR dell’Università di Catania.
I ricercatori hanno quantificato la formazione e lo sviluppo della placca dentale nella bocca di chi fuma, comparando i dati con quelli di non fumatori e persone che non hanno mai utilizzato sigarette.

È stata utilizzata un’innovativa tecnologia di fluorescenza che ci ha permesso di rilevare accuratamente e quantificare la formazione della placca dentale e del tartaro – spiega il dottore Gianluca Conte, primo autore dello studio – Abbiamo rilevato che i fumatori hanno livelli più elevati di placca e tartaro rispetto ai non-fumatori, indicando una pessima salute orale complessiva a causa dell’esposizione cronica al fumo combusto”.

Lo studio è stato completato da un totale di 71 soggetti (età media 33 anni): 26 fumatori, 20 ex-fumatori e 25 soggetti che non avevano mai fumato.
Dopo la prima visita, i ricercatori hanno ripetuto e verificato le misurazioni sulla formazione della placca dentale e sull’accumulo del tartaro a 7 e 30 giorni per dare maggiore credibilità ai risultati.
Rispetto agli ex-fumatori e ai non-fumatori, l’accumulo di placca nei fumatori era tre volte superiore. Inoltre, i fumatori presentavano un maggior accumulo di tartaro.
Lo studio dimostra che l’esposizione cronica al fumo di sigaretta è associata a una cattiva salute orale.

Sulla base dei risultati ottenuti, gli autori stanno pianificando di condurre uno studio internazionale più ampio che valuterà l’accumulo di placca dentale e tartaro nei fumatori che passano a prodotti alternativi privi di catrame, come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato.

Una scrupolosa igiene quotidiana rappresenta il fondamento della salute orale primaria.
Tuttavia, stili di vita non salutari, come l’abitudine al fumo di tabacco, possono compromettere i benefici dell’igiene orale quotidiana ed esporre le persone al rischio di gravi malattie parodontali.
Le persone che desiderano migliorare la propria salute orale e l’aspetto del proprio sorriso, riducendo al contempo problemi come l’alito cattivo, dovrebbero prendere in considerazione l’idea di smettere di fumare
 – consiglia il Professore Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR – e se smettere si rivela una sfida, dovrebbero cercare modi alternativi per invertire l’impatto negativo delle sigarette tradizionali sulla salute orale, considerando i prodotti a base di nicotina privi di catrame.
Inoltre, per quei fumatori che considerano problematiche invalidanti l’alito cattivo e un’estetica dentale, i miglioramenti nei cambiamenti della placca dentale possono essere un fattore motivante per smettere di fumare
”.

Studi più vasti, con un campione di età più rappresentativo, sono necessari per confermare questi importanti risultati.
(da Coehar)

Cannabis e tabacco.
Un abbinamento che amplifica i problemi di tipo respiratorio e che riguarda, in modo principale, le fasce più giovani della popolazione, più portata a sottostimare, per ovvie motivazioni, le conseguenze negative sulla salute connesse a proprie condotte.
Interessante approfondimento quello posto in essere, attraverso le pagine della Fondazione Veronesi, dal dottore Martino Cammarata, già Direttore del Dipartimento interaziendale di Patologia delle dipendenze delle Aziende sanitarie locali di Novara, Biella e Vercelli nonchè Coordinatore della Sitab Piemonte.

Il punto di partenza nell'analisi è quello fissato da un interessante quanto eloquente studio pubblicato sul Canadian Medical Association Journal.
L'approfondimento ha esaminato la casistica data da 6728 adulti di età compresa tra i 20 ed i 59 anni.
Ebbene, ad essersi registrato è che, a parità di numero quotidiano di sigarette fumate, i soggetti che usavano anche cannabis hanno palesato dati respiratori obiettivamente peggiori rispetto a quelli che non facevano uso della sostanza nonchè una maggiore predisposizione a sviluppare una patologia insidiosa come la broncopneumopatia cronico ostruttiva.

"La complessità della disassuefazione nell’uso duale - sottolineano dalla "Veronesi" - è dovuta anche all’azione di rinforzo che si esercita reciprocamente tra nicotina e THC, il delta-9-tetraidrocannabinolo, uno dei maggiori e più noti principi attivi della cannabis, in cui l’una fa da traino biomolecolare all’altra, e viceversa, nell’innesco e nella perpetuazione della dipendenza".

"Va considerato inoltre che, nell’uso di spliff - rimarca Cammarata - ovvero sigarette che contengono sia la marijuana sia il tabacco, e nell’uso di blunt, cartine di canapa per rollare sigarette con sembianze di sigari, il tabacco aumenta l’efficienza di vaporizzazione del THC fino al 45% in più.
Di conseguenza, incrementa notevolmente l’inalazione e l’assorbimento di quest’ultimo, rendendo più appetibili, intensi e ricercati gli effetti dell’uso duale rispetto alla sigaretta contenente solo cannabis, detta comunemente spinello".
Per quel che riguarda l'aspetto della disassuefazione dalla cannabis, tuttavia, conclude l'esperto, "la mancanza di farmaci specifici validati scientificamente, anche se tra essi ve ne sono di promettenti, dirotta i principali tentativi alla terapia motivazionale-comportamentale nelle sue varie prospettive e sfaccettature.
Questo, tuttavia, penalizza i risultati in termini di raggiungimento della cessazione per la scarsa gestione dell’astinenza fisica".

Una nuova operazione tesa a reprimere il sempreverde nfenomeno del contrabbando di tabacchi è stata condotta a Salerno e, in particolare, nel popolare quartiere di Pastena. Come viene rilanciato da testate locali, nel dettaglio, la Polizia municipale della cittadina costiera ha intercettato un uomo che deteneva ed era dedito alla vendita delle classiche bionde. Si trattava, per la precisione, di tabacchi lavorati esteri, in quanto tali privi del canonico bollino dei Monopoli dello Stato e, pertanto, da ascrivere alla fattispecie del contrabbanando. L'uomo, evidentemente già oggetto di attenzione da parte delle Forze dell'Ordine, è stato raggiunto dai Vigili urbani che, ad un immediato controllo, hanno rinvenuto all'interno dell'automobile del soggetto in questione una borsa termica ove erano contenute stecche di sigarette che, una volta pesate, sono risultate essere inferiori alla soglia dei 10 chilogrammi, soglia cut off che rappresenta importante discriminante ai fini dell'adegiato inquadramento giudiziario della singola vicenda.

La vettura è risultata anche essere priva di copertura assicurativa: pertanto è stata sottoposta a sequestro unitamente ai tabacchi. In capo all'uomo che possedeva il materiale è stata elevata una sanzione pari a poco meno di 5000 euro. Proprio alla luce dello scarso peso dei tabacchi sottoposti a sequestro, la vicenda è stata limitata ad un semplice albero amministrativo senza doversi avere implicazione alcuna di tipo penale. È l'ennesima vicenda che si registra sul territorio nazionale. Le cronache sono praticamente quotidiane relativamente ad operazioni con le quali si intercettano traffici clandestini di bionde: solo qualche giorno or sono vi era stata analoga azione da parte delle Forze dell'Ordine nella vicina Battipaglia. In quella circostanza il sequestro era stato ben più ingente e aveva portato all'arresto ed al contestuale trasferimento in carcere di un uomo di Battipaglia - un anziano di 74 anni - e di due persone, di più giovane età, dalla città di Napoli.

"Vorrei smettere di fumare ma ho paura di metter peso".
E' questa una delle frasi-tipo che gli addetti ai lavori (ovvero i medici) si sentono opporre da loro pazienti aficionados della sigaretta.
In effetti, il fondamento c'è.
Nel momento in cui si dice addio al fumo, sembrerebbe essere quasi fisiologico mettere a bilancio qualche chiletto in più sulla...bilancia.
Perchè questo avviene?
Come fanno presente gli esperti, concorrono in questo meccanismo più fattori.
Sicuramente vi è un discorso non marginale di tipo "nervoso": il cibo, infatti, diviene una sorta di "sostituto" della sigaretta.
Molto semplicemente, quindi, si mangia di più.
Ma non solo.
Vi è anche il ruolo della nicotina che, in un certo senso, inibirebbe la fame e renderebbe, sebbene di poco, più veloce il metabolismo.
Un aspetto non trascurabile quello relativo alla connessione tra smoking cessation e chiletti in più: questo effetto collaterale, infatti, frenerebbe un numero non affatto irrisorio di persone dal dire addio alle "bionde".
Ed il timore di questo possibile effetto collaterale supererebbe anche la consapevolezza dei benefici legati all'addio delle sigarette che si riflettono in praticamente tutti gli organi.
Ebbene, una soluzione in tal senso può venire dalla sigaretta elettronica.
In base ad uno studio posto in essere dal Coehar e pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Environmental Research and Public Health, chi smette di fumare registra un aumento medio del peso corporeo, ad un anno di distanza, del 4,8 percentuale rispetto a quello di partenza.
Le alternative a base di nicotina (cerotti e gomme), in tal senso, non portano utile: l’aumento, cioè, si aveva anche tra quelli che, dopo aver archiviato le bionde, facevano terapia di mantenimento con i due dispositivi.
Chi, invece, smetteva di fumare grazie alle sigarette elettroniche – è emerso ancora dallo studio – aveva registrato un aumento ponderale, a distanza di dodici mesi, in misura più moderata (circa l’1,5 percentuale rispetto al peso di partenza).
Sulla base di questi dati si può porre in essere un doppio esempio concreto: fumatore di mezza età che smette senza alcun supporto o con cerotti/gomme e fumatore che smette grazie alla e-cig.
Nel primo caso, dopo un anno, la bilancia dirà 73 chili e 360 grammi.
Nel secondo caso, sempre dopo un anno, si avrà un peso di 71 chili e 5 grammi.
A conti fatti, quindi, l’ex fumatore divenuto svapatore peserebbe mediamente circa 2 chili e 350 grammi in meno.
Dire addio al fumo con la e-cig fa meno paura ai maniaci della bilancia

Un master universitario che punta a formare figure esperte, di livello superiore, nel campo delle strategie di cessazione dal fumo ed in quello della “harm reduction”.
L’Università degli Studi di Catania ed il CoEHAR rendono nota l'indizione di bando per il Master universitario di primo livello avente ad oggetto lo studio e l'approfondimento delle più efficaci tecniche di trattamento del tabagismo.
Il termine ultimo per la presentazione delle domande è quello del 14 Febbraio 2022.
Le nuove frontiere nel trattamento e nella prevenzione del tabagismo – sottolineano da UniCatania e Coehar – in Italia e nel Mondo, rendono necessario creare e formare professionisti del settore sanitario che sappiano valutare e comprendere il grave problema medico e sociale rappresentato dal fumo. Un settore in grande fermento con ottimi sbocchi professionali e scientifici”.
“Approcciarsi a un fumatore che intende smettere – incalzano – richiede conoscenze e competenze a 360 gradi.
Entrano infatti in scena principi medici come il decorso patologico delle malattie fumo correlate, l’assistenza psicologica e psicoterapica, gli approcci farmacologici e terapeutici, oltre alle innovazioni del mondo della ricerca e della tecnologia.
Per questi motivi, l’Università di Catania e il CoEHAR, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dello stesso ateneo, annunciano l’avvio del processo di selezione per il Master universitario di primo livello in “Smoking Cessation e Harm reduction”, il primo al mondo nel suo genere”.
La figura professionale formato in questo campo avrà l'opportunità di operare in diversi ambiti lavorativi quali centri medici e riabilitativi, cliniche, scuole, ospedali, centri di ricerca, ovvero tutti i settori che sempre più frequentemente necessitano di figure specializzate che impostino un percorso specifico nel trattamento di questa abitudine, con i relativi benefici che smettere comporta in termini di salute.
Il CoEHAR – è ancora esposto – rappresenta un’eccellenza internazionale nel settore, grazie all’implementazione di approcci metodologici innovativi per contrastare la piaga del tabagismo. Grazie a un team di ricercatori multidisciplinare, alla collaborazione con partner internazionali e l’avvio di numerosi progetti di ricerca, agli studenti verrà data la possibilità di essere parte di un network globale e altamente specializzato”.
“A livello internazionale – ha spiegato, invece, Riccardo Polosa – vi è una sempre maggior richiesta di figure competenti che possano affrontare i problemi correlati al tabagismo. Assistere e aiutare i fumatori a smettere significa saper valutare attentamente tutte le componenti che influiscono sulla dipendenza tabagica e le conseguenze che questa abitudine comporta. Abbiamo bisogno di professionisti formati e competenti”.
Il master, 30 posti disponibili, si articolerà lungo un periodo di 12 mesi con stage di 300 ore da svolgersi presso lo stesso CoEHAR, il Centro per la Prevenzione e Cura del Tabagismo dell’AOU Policlinico “Rodolico-S. Marco”; La struttura di riabilitazione psichiatrica CTA Villa Chiara; L’associazione no-profit Lega italiana Anti Fumo. Nonchè presso ECLAT srl, lo spin off dell’Ateneo dedicato alla ricerca e sviluppo nel settore della riduzione del danno da fumo.

“L’approccio medico più corretto nei confronti di questi prodotti è sconsigliarne sempre l’uso, ma usarli pragmaticamente come strategia di supporto alla cessazione delle sigarette a combustione, facendo attenzione però che la dipendenza da sigarette a combustione non si trasformi in dipendenza da prodotti a rischio modificato/ridotto”.
Sono le parole di Biondi Zoccai, cardiologo e titolare della cattedra di Cardiologia presso il Dipartimento di Scienze e biotecnologie medico-chirurgiche dell’Università “La Sapienza” di Roma.
Il medesimo ha commentato ai microfoni di Liaf Magazine rispetto a quella che dovrebbe essere la "posizione" del medico, in generale, rispetto alla questione sigaretta elettronica.
Non uno sfizio, quindi, come lascia intendere appropriatamente il docente, bensì uno strumento ad utilizzare esclusivamente ed unicamente per supportare chi ne abbia necessità in un percorso di smoking cessation.
"I dati a lungo termine – ha sottolineato ancora il professionista ai colleghi di “Liaf Magazine” – non sono ancora disponibili, quindi si possono fare solo supposizioni.
È verosimile che - ha insistito lo stesso - rispetto a non fumare, il rischio di eventi avversi cardiovascolari (morte, infarto miocardico, ictus cerebrale) possa essere aumentato dai prodotti a rischio modificato, ma in modo proporzionalmente molto meno grave che con le sigarette convenzionali.
Anche se prematuro, è verosimile che i prodotti basati su vaporizzazione di liquidi possano essere leggermente meno dannosi di quelli basati sul riscaldamento del tabacco, in cui comunque una piccola quantità di tabacco è oggetto di combustione/tostatura”.
Nessuna garanzia, quindi, rispetto al lungo termine e, in particolare, sul fatto che le e-cig possano essere esenti da qualsivoglia conseguenza, fosse anche lieve, a carico della salute.
Certo è che, nel paragone con il fumo, l'impatto sulla salute è decisamente più modesto.
Relatore in occasione del “Tobacco Harm Reduction”, momento convegnistico promosso dall’Università di Tessalonica e dall’Università di Patrasso in Grecia, la posizione di Biondi Zoccai, in buona sostanza, è un tassello in più che si va a posizionare nel sempre più ricco mosaico scientifico del minor danno nostrano.

Anche dal settore medico della Andrologia e della Medicina della Riproduzione viene un’importante apertura verso le alternative al fumo, sigaretta elettronica su tutte.
Questo quanto si coglie dai contenuti di una nota che il docente universitario Carlo Foresta, andrologo e titolare di Cattedra presso l’Università degli Studi di Padova, ha posto all'attenzione di "Quotidiano Sanità".
Foresta, nello specifico, ha recentemente portato a termine uno studio, oggetto di relazione nel contesto del XXXVI Convegno di Medicina della Riproduzione, che ha posto al centro dell'analisi una nuova scoperta legata al cadmio, metallo pesante che si produce anche nella combustione delle sigarette ed i cui tassi livelli potrebbero contribuire a determinare l’infertilità nell'uomo.
“I risultati –sottolinea il docente nella missiva posta all’attenzione di QS – confermano quelli già disponibili secondo i quali l’esposizione al fumo di sigaretta altera la fertilità nel maschio oltre a produrre patologie quali il diabete e le malattie cardio-vascolari.
L’effetto tossico sulla fertilità potrebbe essere in parte correlato alla presenza di cadmio nelle sigarette, oltre che di altri metalli pesanti come piombo, rame, arsenico e mercurio”.
Ma il passaggio centrale della riflessione è il seguente
“Lo studio fornisce quindi un’ulteriore conferma delle evidenze sulla lunga serie di effetti dannosi provocati dal fumo di sigaretta come conseguenza delle sostanze tossiche prodotte dalla combustione del tabacco, aprendo ulteriori scenari alle alternative contenenti nicotina – quali sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato – quale approccio per i fumatori incalliti che non vogliano o non riescano a smettere di fumare. E’ stato infatti dimostrato come l’uso di questi sistemi alternativi si associ al rilascio di una quantità nettamente inferiore di cadmio e di altri metalli pesanti”.
Ancora una importante testimonianza, quindi, che viene dalla scienza rispetto al ruolo del vaping quale strumento di smoking cessation da sottoporsi a quanti non sono in grado di sottrarsi alla dipendenza.
Una nuova e qualificata apertura verso un discorso di minor danno.
In questa circostanza, però, non si parla di medicina cardiaca, polmonare ma si va in un settore che meno frequentemente è messo in relazione ai danni da fumo, quale quello legato all'appartato riproduttivo.
“Minor danno”, quindi, come concetto totale.
I vertici sanitari nazionali, però, restano ancora arroccati in un fortino di totale chiusura.

Un ricorso avverso il “Regolamento dell’aria”, documento approvato a fine 2020 dal Consiglio comunale di Milano, e, in particolare, contro il divieto in esso previsto di fumare all’aperto in specifici punti della città.
E’ questa il nocciolo dell’iniziativa che è stata posta in essere da due privati cittadini indicati, noti come E.R.M. e M.C.M.
Il ricorso, depositato presso il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, mira ad ottenere l’annullamento degli articoli 9, 12 e 13 del menzionato regolamento.

SI CHIEDE ANNULLAMENTO ARTICOLI 9, 12 E 13
L’articolo 9, nel dettaglio, precisa testualmente “Fatto salvo quanto già disposto dalla vigente normativa in tema di divieto di fumo, a far data dal 1 Gennaio 2021, è fatto divieto di fumare negli spazi di seguito indicati: Aree destinate a verde pubblico, salvo in luoghi isolati dove sia possibile il rispetto della distanza di almeno 10 metri da altre persone; Aree attrezzate destinate al gioco, allo sport o alle attività ricreative dei bambini, così come disciplinato all’articolo 21, comma 7 del Regolamento comunale d’uso e tutela del verde pubblico e privato; Presso le fermate di attesa dei mezzi pubblici, incluse le fermate dei taxi, fino ad una distanza di 10 metri dalle relative pensiline ed infrastrutture segnaletiche; Aree cimiteriali; Aree cani; Strutture sportive di qualsiasi tipologia, ivi comprese le aree adibite al pubblico, ad esempio gli spalti.
A far data dal 1 Gennaio 2025 – analizza ancora il medesimo articolo – il divieto di fumo è esteso a tutte le aree pubbliche o ad uso pubblico, ivi incluse le aree stradali, salvo in luoghi isolati dove sia possibile il rispetto della distanza di almeno 10 metri da altre persone”.

LA GIUNTA HA APPROVATO LA COSTITUZIONE IN GIUDIZIO
I ricorrenti chiedono al primo grado amministrativo di "cancellare" tale articolo con i 12 e 13 – che regolano il tema della “Vigilanza” e delle “Sanzioni” – poichè, come stabilisce “Il Giornale”, in esso vivrebbe una “lesione della libertà di fumare e della libera iniziativa economica dei rivenditori di Monopoli”.
L'Esecutivo guidato dal Primo Cittadino Sala, da parte sua, che ha ratificato la costituzione in Giudizio, esprime massima tranquillità rivendicando il legittimo diritto di poter regolamentare la materia.
La palla al Tar.

Con il fumo di sigaretta si introducono nell’organismo circa 4.000 sostanze chimiche, di cui un centinaio, secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, dal comprovato effetto cancerogeno”.
Luigi Leparulo, Oncologo-Radiologo, a 360 gradi ai taccuini di Svapo Magazine.
Quarantotto anni, Leparulo è stato per anni operativo presso l’Istituto europeo di Oncologia di Milano, alunno di un luminare quale Aron Goldrish.
“Tra queste sostanze – prosegue il professionista, interpellato dalla nostra testata – le sostanze con maggiore potenziale cancerogeno sono l’1,3-butadiene, contenuto in grandi quantità nel fumo di sigaretta ed associato all’insorgenza di leucemie/linfomi, l’arsenico,
che tende ad accumularsi nell’organismo ed interferisce con i processi di riparazione del dna, il benzopirene, contenuto nel catrame, che interferisce con la p53, un oncosoppressore, che inibisce la crescita cellulare ed è stato il bersaglio molecolare individuato per primo nella correlazione fumo- cancro del polmone.

FUMARE UN PACCHETTO AL GIORNO E’ COME SOTTOPORSI A 25 RADIOGRAFIE AL TORACE IN UN ANNO
A queste sostanze – incalza Leparulo – si aggiungono anche sostanze radioattive, come il polonio 210, che tende ad accumularsi nei polmoni: uno studio ha dimostrato che, in un anno, chi fuma circa un pacchetto al giorno corre lo stesso rischio biologico che se si sottoponesse a 25 radiografie del torace in un anno.
Ma il fumo di sigaretta non è responsabile solo del tumore al polmone, ma anche di tumori di altri organi, come il cavo orale, la vescica, il pancreas, la mammella, ed inoltre aumenta il rischio cardio-vascolare (ictus ed infarti del miocardio) e di patologiche polmonari croniche, quali la Bpco ed enfisema polmonare.
L’Istituto superiore di Sanità ha stimato che il fumo di tabacco sia responsabile di un terzo delle morti per cancro e del 15% circa di tutti i decessi che avvengono per qualunque causa, provocando più vittime di alcol, Aids, droghe, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme”.

LA NECESSITA’ DI COINVOLGERE PIU’ PROFESSIONALITA’ MEDICHE
La migliore medicina in tale ottica sarebbe quella data dall’addio al fumo ma, come amaramente noto, “smettere di fumare è un percorso difficile, ed infatti, pur consapevoli dei rischi per la propria salute legati al fumo, molte persone continuano a fumare, in alcuni casi per scelta consapevole, come dimostra la diffusione del vizio tra il personale sanitario”.
“Da un punto di vista biologico – ancora il professionista – la nicotina contenuta nelle sigarette è responsabile di una dipendenza fisica dovuta alla sensibilizzazione dei recettori colinergici presenti nel cervello con insorgenza di un corteo di sintomi legati all’astinenza, quali irritabilità, stanchezza, insonnia, difficoltà di concentrazione; Da un punto di vista psicologico il vizio del fumo è sostenuta da fattori motivazionali ed emotivi che rinforzano nel tempo il vizio, rendendone difficile l’abbandono.
Le Istituzioni hanno messo in atto tutta una serie di iniziative, sul piano sanitario e legislativo, per combattere il tabagismo, che ha determinato una riduzione del numero di fumatori, che purtroppo rimane ancora molto alto (un italiano su quattro fuma), in particolare tra i più giovani.
Sicuramente un incremento dei Centri antifumo sul territorio ed un’adeguata campagna di informazione potrebbe essere una iniziativa utile per avviare un maggior numero di fumatori verso l’abbandono del vizio, non credo risolutiva se resta un’azione isolata, ma occorre mettere in atto tutta una serie di iniziative e coinvolgere più figure professionali”.

“ABBIAMO IL DOVERE DI STUDIARE LA SIGARETTA ELETTRONICA”
Inquadrato il problema, il professionista indica quale potrebbe essere una direzione lungo la quale investire l’impegno scientifico in un’ottica di abbattimento dei tassi da fumo.
Una delle ultime battaglie del compianto Professore Veronesi è stata propria la lotta al tabagismo, considerato non un vizio ma una vera e propria malattia.
Il fondatore dell’IEO di Milano diceva che “se tutti coloro che fumano sigarette tradizionali si mettessero a fumare sigarette senza tabacco (le sigarette elettroniche) salveremmo almeno 30.000 vite all’anno in Italia”…per questo abbiamo il dovere morale di studiare scientificamente la sigaretta smoke free.
Allo IEO – ricorda il medesimo – fu promosso in collaborazione con l’Ospedale San Raffaele di Milano e il Centro cardiologico Monzino di Milano, uno studio con l’obiettivo di testare l’utilità dell’impiego della sigaretta senza tabacco e senza nicotina in 65 pazienti affetti da tumore o da infarto miocardico recente, fumatori di almeno 10 sigarette al giorno da almeno 10 anni, che ha mostrato che dopo 6 mesi chi usa la sigaretta elettronica smette di fumare nel 60% dei casi, contro la metà (32%) di chi non la utilizza e che anche chi non riesce a smettere, riduce drasticamente il numero di sigarette fumate.

“ASPETTIAMO RISPOSTE NECESSARIE PER AIUTARE I FUMATORI”
Altri studi sono in corso sull’uso della cosiddetta e-cig nei fumatori, usando dispositivi senza nicotina sia con nicotina, quest’ultimi nell’ambito di una Terapia Sostitutiva Nicotina, che consiste nel fornire all’organismo una quantità controllata di nicotina allo scopo di alleviare i sintomi dell’astinenza.
Sempre in IEO è stato ideato un altro studio clinico con lo scopo di valutare l’efficacia dei Tfc come strumenti di disassuefazione, attraverso l’ analisi degli effetti comportamentali (numero giornaliero di sigarette), clinici (sintomatologia fisiologica, con una particolare attenzione alla funzionalità del sistema respiratorio) e psicologici (qualità della vita, benessere, stato emotivo) prodotti dall’utilizzo dei TFC.
Il disegno dello studio prevedeva tre gruppi: un primo gruppo cui veniva fornito un programma di disassuefazione basato sull’uso di un dispositivo TFC con nicotina; un secondo gruppo con un dispositivo senza nicotina; infine, un terzo gruppo con le stesse informazioni di counselling dei due precedenti gruppi, ma senza l’utilizzo di un dispositivo Tfc.
Da studi come questo – la conclusione – si aspettano le risposte necessarie per prendere le giuste decisioni per aiutare i fumatori a smettere, ridurre o virare su alternative meno dannose della sigaretta tradizionale”.

Fare chiarezza, comprendere quale sia il vero nemico da “combattere” quando si parla di tabagismo.
E’ questo il senso di una missiva sottoscritta da Altria alla Food and Drug Administration, Organo statunitense, braccio del Ministero della Salute, che assolve al compito di vigilare su sicurezza di cibi e farmaci.
Ebbene, l’azienda – che è Casa madre del marchio Marlboro – ha chiesto alla Fda di pronunciarsi, al fine di instaurare una corretta informazione, sulla questione nicotina.
Sollecitando la stessa a fare chiarezza su come non sia tale sostanza, appunto, la reale causa dei problemi e degli accidenti a carico della salute connessi al fumo di sigaretta.
In tal senso, aprendosi parentesi, si era recentemente espresso anche il professore Fabio Beatrice.
Questi, infatti, aveva annotato su come – appunto – la causa delle problematiche di tipo cancerose e cardiocircolatorio non fosse da mettersi in relazione alla nicotina quanto, invece, al catrame, ovvero all’insieme di oltre 4300 sostanze ad alta tossicità originate dalla combustione.
Una riflessione appropriata, calzante quella del docente universitario italiano, preso
atto della diffusa approssimazione che si rinviene in merito in ambito scientifico.
Nonchè comprendendosi anche come nella lotta al tabagismo bisogna aver chiari quali siano i target da abbattere.

SONDAGGIO CONDOTTO SU 1020 PROFESSIONISTI
Ma torniamo alle cose americane.
Un approfondimento condotto su 1020 medici afferenti le branche della Medicina di
famiglia, la Medicina interna, l’Ostetricia, la Ginecologia, la Cardiologia, la Pneumologia e l’Oncologia ha accertato come l’83% dei soggetti intervistati ritenesse che la nicotina fosse la vera e reale causa di patologie cardiache mentre una percentuale ancora superiore, pari all’85, fosse certa che la nicotina rappresentasse fattore predisponente della Broncopneumatia cronica ostruttiva.
Fuori pista, completamente.
“I medici devono comprendere – così l’analisi di Steinberg, Direttore della Rutgers Tobacco Dependence Program e Capo della Divisione di Medicina interna generale presso la Rutgers Robert Wood Johnson Medical School – quale sia il rischio effettivo connesso all’uso di nicotina in quanto i medici occupano un ruolo centrale nella prescrizione della terapia sostitutiva”.
Ragionamento assolutamente adeguato, dal momento che, molto spesso, le terapie prescritte prevedono, in un percorso a scalare, la somministrazione di sigarette a basso contenuto di nicotina che, però, come chiaro, “non sono più sicure delle sigarette tradizionali”.
Chiarezza urge, anche in merito al discorso fumo.