Una attenta analisi di come i sistemi PodMod si siano presentati agli utilizzatori di sigarette elettroniche come nuovo metodo di approccio al settore del vaping.
Nel 2012-2013 i dispositivi non erano sicuramente quelli che tutti noi oggi utilizziamo; in particolare, chi svapa da molto tempo, ricorderà questi vaporizzatori a forma di vera e propria sigaretta, confezionati in cofanetti, identici ai pacchetti, che fungevano da caricatore per poterle portare in giro senza le seccature che oggi ci si presentano. Andando ancora più a ritroso nel tempo, ricordiamo le Ego. Erano batterie a voltaggio fisso o variabile, che permettevano di montare atomizzatori o cartomizzatori come il Phantom o i classici Justfog. Menzione particolare al Phantom, una tipologia di hardware che oggi sarebbe etichettato “entry level”, ma che all’ epoca ha permesso di far smettere di fumare in tantissimi.
Sono state le prime sigarette elettroniche, forse, ad essere commercializzate a pieno titolo e sono state anche le più vendute. Basti pensare che tutti si adattarono a questa tipologia di dispositivi che, in prevalenza o forse unicamente, erano appositamente progettate per un utilizzo “entry level”. Dello svapo di polmone ancora non se ne parlava, e non ricordo a dire il vero, neanche il termine svapo di guancia poiché si parlava esclusivamente di svapo, anzi, di sigaretta elettronica che non era nient’ altro che “la simulazione della sigaretta convenzionale” utilizzando un dispositivo che ti permetteva la vaporizzazione del liquido contenuto nell’atomizzatore, composto da glicole propilenico, glicerina vegetale, nicotina ed aromi.
Il vaping diventa moda e da un semplice dispositivo che doveva, primariamente, far smetter di fumare legato alla riduzione del danno da fumo, comincia ad essere uno strumento di aggregazione sociale. Nacquero siti di informazione, blog, gruppi facebook e quant’altro potesse incoraggiare al passaggio dalle sigarette tradizionali alle sigarette elettroniche. Da questo punto di vista, quando un fenomeno commerciale si inoltra nel mercato, non solo lo stato italiano ma anche altri paesi, in ambito internazionale, pretesero controlli, leggi e tutta una serie di regole per la sicurezza, l’uso e la compravendita di tali dispositivi.
Ebbene con l’evolversi del settore del vaping negli ultimi tempi, o nell’ultimo anno, i dispositivi hanno subito una evoluzione o involuzione in quanto è pur vero che i classici dispositivi da noi utilizzati comportavano il trasporto non solo della sigarette elettroniche e vaporizzatori, in se, ma anche il liquido di ricarica, materiali per la rigenerazione e quant’altro che alla lunga poteva effettivamente stancare.
Le PodMod evitano tutto questo. Piccole, con batterie che permettono un giorno di utilizzo, ricaricabili in poche ore, atomizzatori a testine preconfezionate di facile gestione, sino alle ultime geniali produzioni, podmod con powerbank annessa, che funge sia da comoda custodia dove alloggiare le sigarette elettroniche sia per ricaricare il vaporizzatore.
Qualcuno lamenta della poca efficienza della batteria, del serbatoio del liquido non troppo capiente, Hit poco incisivo (che ricordiamo viene integrato dalla nicotina e non dall’ hardware). Le podmod sono una innovazione presa dal passato; adatte a chi vuole smettere di fumare in “semplicità”, senza dover acquisire una conoscenza approfondita in “materia”. Le vere sigarette elettroniche che si riappropriano anche del termine sigaretta, poiché più affine in termini di gestualita alle analogiche grazie alla ritrovata forma. Sarà anche questa una moda? Un ritorno al vintage? L’ importante è che lo svapo non si arresti, e ad ognuno l’ hardware “che si merita”.
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